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Don Alberto
Benedetti
la Lessinia
nell’«isba»

Don Alberto Benedetti in una delle foto in cui meglio si riconosceva
Don Alberto Benedetti in una delle foto in cui meglio si riconosceva
Don Alberto Benedetti in una delle foto in cui meglio si riconosceva
Don Alberto Benedetti in una delle foto in cui meglio si riconosceva

Sono trascorsi vent’anni da quel Ferragosto 1997, quando, all’età di 86 anni, mancò don Alberto Benedetti, «el prete dal Séré», la località di Sant’Anna d’Alfaedo dove aveva abitato, dapprima in canonica, e, negli ultimi decenni, nell’«isba», la singolare dimora che si era costruito, senza progetti e concessioni edilizie, con le proprie mani deturpate dal fuoco a seguito di un infortunio «sul lavoro». Oltre che con migliaia di libri, l’aveva riempita con originali suppellettili di sua invenzione e realizzazione (alcune sono pezzi di aereo abbattuto dalla contraerea e caduto nei boschi di Peri, sopra la Valdadige).

Don Benedetti aveva decorato parte di una facciata del fabbricato con legno e materiali ferrosi con una frase in tedesco dal Faust di Goethe, di cui era un ammiratore: «Im Anfang war die Tat», che tradusse con «In principio era l’Azione». Sopra il ciclo del carbonio e la formula della gravitazione universale dl Einstein. Riempì l’Isba di reperti, soprattutto paleontologici, frutto di meticolose e appassionate ricerche, ma, come è stato detto, di migliaia di libri. Ne scrisse cinque anche lui: Insediamenti umani sulla montagna veronese (Taucias Gareida, 1983); Montagne e montagnari da Verona a Kufstein; Storia naturale di Faida; Storie de l’àrbio e Acquile (sic) bianche del monte Baldo (La Grafica di Vago di Lavagno, rispettivamente 1987, 1988, 1991 e 1994).

Altri scrissero di lui: Prediche inutili (La Grafica, 1998) a cura di alcuni amici e simpatizzanti, Il prete dei castagnari, (La Grafica, 2001) dell’allora pressoché sconosciuto e ora famoso regista di Velo, Alessandro Anderloni, che lo scelse per la sua tesi di laurea, diventata un libro, Il prete dei castagnari, appunto.

Don Alberto verrà ricordato martedì, ventesimo anniversario della morte, con una messa alle 16,30 nella chiesetta di Ceredo (con rievocazione di Alessandro Anderloni), celebrata da don Giovanni Birtele, compagno di viaggi (famoso quello in Russia), mentre in parrocchia a Sant’Anna don Alberto sarà ricordato con la messa delle 18,30 domenica prossima. A seguire, l’appuntamento è in sala civica.

Ma chi era don Alberto Benedetti per suscitare tanto interesse anche al di fuori dei ristretti confini lessinici? Riassumiamo i passi salienti di quanto ebbero a dire di lui in occasione dei suoi funerali il vescovo ausiliare, monsignor Andrea Veggio e il professore Vittorio Castagna, presidente dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona: «Don Alberto Benedetti fu un uomo di intelligenza straordinaria, stimato come sacerdote, di una profonda cultura e di molteplici iniziative, che, nella sua "Isba" di Ceredo visse quasi isolato dedicando il suo tempo alla preghiera e ad altre occupazioni. Studioso, scrittore e poeta, che nello scrivere trovava gusto. Era affascinato nell’approfondire la conoscenza delle sue montagne. Le chiamava sue, non per il possesso, ma perché vi era nato e vi trascorse gran parte della sua non breve vita. Aveva letto tutti i libri che parlano delle sue montagne e ha accumulato conoscenza percorrendo, osservando, studiando i terreni coltivati, i boschi, le contrade, le case; visitando i movimenti dei terreni, gli sbancamenti di strade e le cave di laste».

E ancora: «Ha interrogato tutte le persone che si sono prestate a rispondere alle sue domande. Disse di aver meditato molto su quanto veniva a sapere, convinto che questo è il modo migliore per penetrare i misteri degli uomini dei tempi passati, anche lontani. I suoi scritti ci rivelano la aua passione per lo studio, la ricerca e l’ansia di conoscere spiegando, per esempio, cos’era la faida: una resa di conti spiccia, semplice, senza macchinazione ferraginosa della burocrazia e insiste perché non si dica e non si scriva dal Faedo, ma Del Faedo. Per chi vuol conoscere la storia di queste zone, i suoi scritti risultano un sicuro punto di riferimento. Un uomo, don Alberto Benedetti, del tutto singolare e un sacerdote che ha condotto la sua vita secondo uno stile personale assai poco convenzionale, una persona dotata di un carattere forte e mite ad un tempo, capace di conversazione amabile e piacevole per la ricchezza del suo sapere e così pure di atteggiamenti scontrosi e intransigenti di fronte alla doppiezza e alla infingardaggine di qualcuno. Ha voluto una modestia e semplicità di vita perfino sconcertante, schivo e refrattario di fronte agli agi, alle comodità, alla ricchezza, ha sfuggito le lodi e i riconoscimenti, ha amato il nascondimento e la vera umiltà. Un uomo, don Alberto, di vasta e profonda cultura che non ha mai cercato riconoscimenti ufficiali e accademici, di grande valore».

Lino Benedetti

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