Da piccoli caseifici comunitari a centri di aggregazione.
Le chiamavano e le chiamano tuttora malghe le strutture in pietra locale, tetti compresi, delle quali nei secoli scorsi gli abitanti della maggior parte delle contrade si erano dotati per la lavorazione del latte delle loro vaccine.
In letteratura queste strutture di due locali, il «lógo del fógo» e il «lógo del late», quest’ultimo spesso a volta, vengono definiti caseifici turnari, in quanto la trasformazione del latte in prodotti caseari si svolgeva a turno, in maniera che anche il proprietario di poche mucche, al limite di una sola, potesse a turno farsi il burro, il formaggio, la ricotta in rapporto al latte conferito, utilizzando le attrezzature in dotazione alla malga, in base ad uno statuto sociale. Queste caratteristiche strutture, dalla fine dell’Ottocento, per quasi due secoli, fino cioè all’avvento dei caseifici industriali, hanno contrassegnato la storia delle comunità montane. Alcune sono state abbandonate al loro destino, altre sono state ristrutturate per essere trasformate in centri di aggregazione e di incontri conviviali.
È il caso della malga di Campostrin, che si trova a meno di un chilometro e mezzo dal capoluogo in direzione Ronconi, ed è stata rimessa a nuovo. Nuovo il tetto e anche il secchiaio in un unico blocco di nembro rosato, invecchiato ad arte, opera meravigliosa dei giovani fratelli Alessandro e Diego Campostrini, gli stessi artisti locali che hanno realizzato il Buon Pastore per il Giubileo della misericordia. Si tratta di un bassorilievo in pietra bianca collocato sulla parete esterna a fianco dell’ingresso laterale della chiesa.
L’avvenuta ristrutturazione della malga di Campostrin è stata festeggiata dalla piccola comunità con un pranzo all’interno dell’edificio, in cui sono conservati attrezzi di altri tempi. Un evento che si annuncia il primo di una lunga serie. LI.BE.