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Allevatori e lupi
«Piano rinviato?
Restano i danni»

Protesta degli animalisti all'esterno della sede delle Regioni, a Roma
Protesta degli animalisti all'esterno della sede delle Regioni, a Roma
Protesta degli animalisti all'esterno della sede delle Regioni, a Roma
Protesta degli animalisti all'esterno della sede delle Regioni, a Roma

Non è un Piano che gli allevatori della Lessinia accettano di buon grado quello presentato alla Conferenza Stato Regioni (e poi rinviato) sulla conservazione e gestione del lupo in Italia. Sulla bozza circolata in questi mesi (l’ultima versione è di novembre) e che è quella sostanzialmente in approvazione, contestano diversi punti a partire dal principio che «ci vorranno anni prima che si possa vedere concretamente una rimozione di lupo dai nostri territori. Ci sono infatti un’infinità di clausole e di metodi di prevenzione da mettere in atto come prima soluzione che se fossero fatte tutte come prescritto spariscono prima gli allevamenti dei lupi», osservano alcuni allevatori che fanno parte dell'Associazione tutela della Lessinia.

Mettono nel conto anche tutti gli aumenti di costo che comportano le recinzioni e la gestione dell’alpeggio suggerita dal Piano: «Sono costi gestionali non indifferenti per aziende che sono già con il cappio al collo per altri motivi strutturali legati alle normative nazionali ed europee in materia di allevamento e gestione», dicono.

Quello che proprio non accettano è il passaggio che il capo predato sarà indennizzato dalla Regione sulla scorta della disponibilità o meno di denaro per i rimborsi: «Significa che per i primi mesi di predazioni ci saranno i soldi e poi da metà anno non si pagherà più nessuno nel caso i soldi previsti siano finiti?», si chiedono inferociti.

Anche il rimborso delle spese veterinarie e per lo smaltimento della carcassa, limitati all’80 per cento delle fatture, è una questione che li manda su tutte le furie: «Se il cane del vicino mi azzanna, il padrone risponde del danno completamente, non per l’80 per cento. Perché lo Stato o la Regione non devono assumersi la stessa responsabilità, visto che la predazione arriva da un animale selvatico che è patrimonio indisponibile dello Stato?».

Inaccettabile poi per gli allevatori che non sia previsto alcun indennizzo per animali dispersi in seguito a una predazione o per gli aborti conseguenti allo spavento subito dalle bestie gravide scampate alla predazione. Ad esempio, la scorsa estate in Lessinia, un gregge di 200 pecore non ha subito alcuna predazione grazie al tempestivo intervento del pastore che ha allontanato i lupi, ma nei giorni seguenti ci sono stati 40 aborti: «Sono 40 agnelli che l’azienda non può inserire nel proprio fatturato, un danno che la Regione riconosceva almeno con un risarcimento forfettario del 10 per cento, ma dal Piano ministeriale è sparito anche questo», denunciano gli allevatori.

Il Piano prevede altresì che siano rimborsabili solo i capi registrati all’anagrafe zootecnica, ma per la registrazione degli agnelli, ad esempio, c’è tempo fino a sei mesi d’età. I lupi di solito si accaniscono sulle prede più indifese e facili (agnelli, vitelli, manze), proprio quelle che non sono ancora ufficialmente registrate e che quindi non possono essere rimborsate perché per l’anagrafe è come se fossero soggetti mai nati.

Le osservazione degli iscritti all'Associazione tutela della Lessinia puntano anche sui cani da guardinia o da lavoro che aiutano a radunare e sorvegliare la mandria o il gregge in alpeggio e che nel Piano è previsto debbano essere sterilizzati per evitare il fenomeno dell’ibridazione con i lupi. «I cani da lavoro sono tali perché nascono in azienda e apprendono il mestiere osservando i genitori. Costringere alla sterilizzazione significa obbligare gli allevatori a rifornirsi di cuccioli solo negli allevamenti, pagare gli esemplari fior di quattrini e spendere altrettanto nell’ addestramento, ammesso che sia possibile: è risaputo che il miglior apprendimento per questo mestiere è nei primi mesi di vita del cane».

Ci sono insomma tali e tante questioni da affrontare che il Piano del ministero e del gruppo di esperti dell’Unione zoologica italiana meriterebbe di essere riscritto o quanto meno ridiscusso. V.Z.

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