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È il punto più a Nord della provincia

Al rifugio Castelberto si accende la luce
L’elettricità dove non era mai arrivata

È il punto più a Nord della provincia
Andrea Brisighella, a destra, gestore del rifugio, brinda con un amico all’arrivo della luce
Andrea Brisighella, a destra, gestore del rifugio, brinda con un amico all’arrivo della luce
Andrea Brisighella, a destra, gestore del rifugio, brinda con un amico all’arrivo della luce
Andrea Brisighella, a destra, gestore del rifugio, brinda con un amico all’arrivo della luce

Alle 4 di mattina del 6 febbraio 2016 i Vigili del fuoco spegnevano le ultime fiamme dell'incendio che aveva devastato il rifugio. Esattamente tre anni e un giorno dopo, il gestore Andrea Brisighella pigia l'interruttore: un ronzio sordo e si accendono le lampadine. È un momento storico: mai una linea elettrica era arrivata fin quassù, nel punto più a nord della Provincia di Verona, quello più alto del comune di Erbezzo, i 1.765 metri del rifugio Castelberto.

Mille giorni fa il fuoco aveva bruciato i sogni di chi l'aveva acquistato (nel 2008 era poco più di un rudere) e restaurato, oggi «per la prima volta pranzerò senza il rumore di sottofondo dei generatori», confida emozionato il proprietario del rifugio Graziano Scandola. Quest'ultimo, con il fratello Giuliano, in quel luogo aveva trascorso l'infanzia, con il papà Michelangelo, che negli anni Settanta si faceva accompagnare dai figli a pascolare le mucche. E nel nome del padre, dopo il restauro, nel 2011 aveva regalato ai veronesi un punto di ristoro nuovo di zecca in uno dei luoghi più affascinanti della Lessinia, a picco sulla Val d'Adige.

I pannelli solari e una piccola pala eolica soddisfacevano solo in parte il fabbisogno energetico del rifugio, al resto hanno sempre dovuto pensare i generatori a gasolio. «Poi cinque anni fa mi sono ritrovato in vacanza con un mio amico, l'impresario Erminio Segala. Eravamo alle isole Svalbard, oltre il circolo polare artico. Ma se portano l'energia elettrica fino a qui», gli ho chiesto, «perché non dovrebbe arrivare a Castelberto?».

Al Polo Nord è nata l'idea, poi però è occorso attendere l'occasione giusta. Arrivata dopo l'incendio e il nuovo restauro durato cinque mesi. I fondi per i comuni di confine, le malghe che remano nella stessa direzione, la volontà di portare la luce senza stravolgere l'ambiente attorno. «Devo ringraziare moltissime persone, fra le quali il geometra Claudio Leso», racconta Scandola. Intervengono a vario titolo il comune di Erbezzo, il Gal e l'Enel. Una parte di denaro viene tirata fuori di tasca propria dai titolari di malghe e rifugi. Piano piano viene servita la dorsale da Erbezzo verso nord: la luce arriva anche a malga Lessinia e infine, con una linea interamente interrata costruita dalla ditta Zampieri, a Castelberto.

35 kilowatt, i generatori finalmente silenti e la webcam per la prima volta attiva 24 ore su 24 a restituire il meraviglioso scenario al confine con il Trentino. «Una boccata d'ossigeno», confida ancora il proprietario, che svela: «Abbiamo posato anche un tubo per portare al rifugio l'acqua: chissà che un giorno...».

«Anche dopo l'incendio, gli fa eco Brisighella, «non abbiamo mai mollato. Forti della passione di Scandola e dell'incoraggiamento delle persone che arrivano fin quassù». Che sono sempre di più. «Il numero degli escursionisti in Lessinia rispetto a 5-6 anni fa è letteralmente esploso», conferma. Il rifugio, dove gli danno una mano anche la compagna e i figli, è aperto il sabato e la domenica (durante la settimana invece solo prenotando) fino a maggio, poi in estate tutti i giorni. D'inverno si raggiunge solo a piedi, in un paio d'ore. Arrivati, per scaldarsi bastano il fuoco, un piatto caldo e le tavole di legno illuminate dalle lampadine. E da oggi nessun motore acceso, solo le chiacchiere dei viandanti a punteggiare la maestosa quiete dell'altopiano dei silenzi. •

Riccardo Verzè

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