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«Abbattere i lupi? Si deve partire da dati accertati»

Una coppia di lupi
Una coppia di lupi
Una coppia di lupi
Una coppia di lupi

Il disegno di legge della giunta della Provincia autonoma di Trento, che in accordo con quella di Bolzano mette in conto la possibilità di catturare o anche sparare a lupi e orsi problematici, non pare aver riscosso particolari entusiasmi nel Veronese dove ormai ci si è assuefatti a proclami di soluzioni miracolistiche per poi scontrarsi con la realtà che di fatto è meno risolutiva della fantasia. «Intanto non c’è ancora nulla di scritto e prima di giudicare un progetto di legge vorremmo almeno leggerlo», anticipa Antonio Scungio, direttore scientifico dell’associazione regionale Salvaguardia rurale veneta e veterinario incaricato dai Comuni dell’Alta Lessinia di monitorare la presenza dei lupi per il progetto Pro Life Lessinia. Scungio batte su un tasto che gli è caro: «Ogni notizia deve basarsi su dati ufficiali e per quanto riguarda il lupo in Trentino Alto Adige dati di rilevazioni o censimenti non sono stati finora forniti. A meno che non si voglia con la legge avviare una indagine seria, perché ogni decisione in merito a cattura e prelievo deve basarsi su dati oggettivi e consolidati, altrimenti è come parlare di sesso degli angeli. Solo per disegnare un quadro esaustivo con indagini scientifiche servirebbero almeno tre anni prima di formulare all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, una qualsivoglia richiesta di abbattimento legale», osserva l’e- sperto. Per ora gli unici dati certi per la Provincia di Trento sono quelli forniti dal «Rapporto grandi carnivori» presentato lo scorso marzo e riferiti al 2017: i dati raccolti nel loro insieme riferiscono di 6 branchi (o gruppi familiari) e una coppia. ALLA FINE DEL 2017 sono stimati presenti nel «branco dei Lessini» sette esemplari di lupo, ma a seguito di accertamenti condotti nei primissimi mesi del 2017, è stato possibile identificare un secondo e un terzo branco, costituitisi già dal 2016, rispettivamente nel gruppo del Carega e sull’altopiano di Asiago con frequentazioni anche della destra orografica della Valsugana. Entrambi i branchi, alla loro seconda riproduzione nel 2017, si stima fossero composti da circa otto individui prima dell’inverno. Nel corso della primavera ulteriori tre branchi si sono formati sul territorio provinciale: in alta Val di Fassa (sei soggetti stimati), in alta Val di Non (tre soggetti stimati) e nella zona Pasubio-Folgaria (sei soggetti stimati). «Trento e Bolzano stanno seguendo una via istituzionale corretta, ma si sa che fra il dire e il fare c’è di mezzo un’infinità», riconosce Scungio, che tuttavia, per la Lessinia parla di «branco il più studiato di tutti quelli presenti in Europa, con una mole di dati impressionante. Io stesso, vedendo la carcassa di un animale predato, sarei in grado di dire quale lupo del branco ha colpito. Ma alla spalle ci sono sei anni di lavoro serio e approfondito». IL CONSIGLIERE regionale Stefano Valdegamberi si è trovato più volte in sintonia con gli orientamenti delle due province autonome in materia di fauna selvatica e ammette: «Trento e Bolzano stanno facendo ciò che da anni sto chiedendo: l'applicazione integrale delle deroghe alla conservazione del lupo, previste nella direttiva comunitaria Habitat. Loro, in quanto province autonome, hanno una corsia preferenziale rispetto alle regioni a statuto ordinario. La modifica della legge nazionale di recepimento per consentire l'abbattimento o la rimozione dei lupi in eccesso è una richiesta sia del Veneto che di altre Regioni, fortemente osteggiata a Roma non solo dagli ambientalisti ma anche da molte forze politiche. Dobbiamo stabilire il numero massimo di lupi compatibile con ciascun territorio, superato il quale si procede all'abbattimento. E questo compito dev'essere demandato dallo Stato alle Regioni. Mi auguro vivamente che il nuovo Parlamento si metta subito al lavoro su questa legge, seguendo l'esempio delle due province autonome, mettendo da parte posizioni ambientaliste ideologiche che portano ad alterare l'ecosistema e all'abbandono della montagna». •

Vittorio Zambaldo

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