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A Cologna

Il sogno di Pietro:
ritornare a camminare

Pietro Gonella assistito da un istruttore in palestra FOTO DIENNE
Pietro Gonella assistito da un istruttore in palestra FOTO DIENNE
Pietro Gonella assistito da un istruttore in palestra FOTO DIENNE
Pietro Gonella assistito da un istruttore in palestra FOTO DIENNE

Pietro ha un sogno: riuscire a camminare da solo entro fine anno. Ha una grande forza di volontà e ha riacquistato fiducia in se stesso, familiari e amici non dubitano che ce la farà. Pietro Gonella, 48 anni, sposato, quattro figlie, residente a Cologna, non è un disabile nel senso proprio del termine. Ma non è neppure una persona che ha piene capacità fisiche. La sua condizione di uomo svantaggiato lo pone fuori dal mondo del lavoro – almeno per ora – e fuori dalla società, condannando lui e la sua famiglia a un isolamento doloroso e a una situazione economica piuttosto complessa, considerando che l’unico stipendio fisso che arrivava in casa Gonella fino a due anni fa era proprio quello di Pietro. Ma c’è una luce in fondo al tunnel.

 

Si chiama Casa Nostra, la cooperativa di Sabbion che ha attivato un progetto sperimentale finanziato dalla Regione, rivolto a individui cosiddetti «post traumatici» e a persone in stato di disagio non destinatarie di altri aiuti da parte del servizio sanitario nazionale. Grazie a questo progetto Pietro sta rinascendo, sta lentamente ritrovando se stesso e la famiglia sta riacquistato serenità e speranza. Pietro Gonella è nato a Falcade, sulle Dolomiti bellunesi. Per alcuni problemi familiari, all’età di 13 anni, è stato dato in adozione a una coppia senza figli di Cologna. È stato cresciuto con amore dai suoi nuovi genitori colognesi Cecilia e Mario. Ha lavorato per un periodo nella falegnameria paterna, poi ha trovato un impiego alla Cartografica Veneta di Lonigo. Si è sposato con Marina e ha avuto quattro figlie. Il 21 marzo del 2016 la sua vita ha avuto un cambiamento repentino e inatteso. Mentre stava lavorando è stato colto da un’emorragia cerebrale ed è caduto a terra. Trasportato in ospedale, ha subito un delicato intervento chirurgico. Pur se ridotta, l’emorragia è stata vasta e ha determinato la paralisi dell’intero lato sinistro del corpo. Il decorso post operatorio e la riabilitazione sono stati durissimi e hanno messo a dura prova lui e la moglie Marina. Il ricovero e le terapie nei vari ospedali sono durati ben 11 mesi. A febbraio del 2017 Pietro è tornato definitivamente a casa. «E qui sono iniziati i problemi», ricorda Marina.

 

«Sebbene ormai mi destreggiassi con le fisioterapie non potevo certo seguirlo per tutto il giorno, e non potevo nemmeno lasciarlo tutto il tempo davanti alla tv finché ero fuori per le commissioni familiari. Lui aveva bisogno di essere alzato, lavato, vestito, però non avevamo diritto a un operatore e non trovavamo neppure volontari disponibili», ricorda Marina. «Ero diventato invisibile, anche gli amici sembravano avermi abbandonato, proprio nel momento in cui avevo più bisogno di loro», confessa Pietro. Fortunatamente, nel giugno del 2017, l’uomo ha aderito al progetto sperimentale di Casa Nostra. «Questo percorso mi consente di passare del tempo in compagnia, di stare insieme ad altri ragazzi facendo diverse attività. Sto riprendendo contatto con gli altri e con il territorio, questo mi stimola a impegnarmi maggiormente per il mio recupero».

 

Pietro è seguito da psicologi ed educatori professionisti. Ha iniziato a frequentare pressoché quotidianamente la palestra di body building di Cologna, dove un istruttore lo ha aiutato a riacquisire una parte di mobilità che sembrava perduta. «Ora riesco ad alzarmi e ad andare in bagno da solo, una conquista straordinaria, che mi sprona a continuare. Ho imparato a guardare avanti, senza scoraggiarmi, confidando nel futuro», dice con un sorriso. La testimonianza di Pietro e Marina, assieme a quella di Giuseppina Spagnolo, mamma di due ragazzi ammalati di «Corea di Huntington», una grave patologia neurodegenerativa, sono state raccolte in due libretti che sono stati presentati durante l’apertura della Festa del mandorlato. Le testimonianze sono state recentemente consegnate anche al vescovo Giuseppe Zenti.

Paola Bosaro

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