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«Questa siccità
era stata prevista
già dieci anni fa»

L’Adige all’altezza di Parona: il fiume è essenziale per garantire l’irrigazione dei terreni agricoli
L’Adige all’altezza di Parona: il fiume è essenziale per garantire l’irrigazione dei terreni agricoli
L’Adige all’altezza di Parona: il fiume è essenziale per garantire l’irrigazione dei terreni agricoli
L’Adige all’altezza di Parona: il fiume è essenziale per garantire l’irrigazione dei terreni agricoli

Emergenza siccità: la situazione di crisi che sta vivendo l’irrigazione nel Veronese era prevista già dieci anni fa. Nel 2007, infatti, l’Autorità di Bacino dell’Adige ha presentato una relazione che illustrava in maniera chiara quello che si verifica adesso. L’ente che si occupava della programmazione della quantità e qualità dell’acqua utilizzabile del secondo fiume d’Italia, e che ora continua a fare lo stesso anche se all’interno di un organismo più ampio che riguarda l’intero distretto delle Alpi Orientali, aveva infatti reso pubblico uno studio scientifico secondo il quale le mutazioni climatiche in atto rendevano facilmente prevedibile che alla prima stagione un po’ più asciutta del solito ci si sarebbe trovati in grande difficoltà. Una situazione che non solo stiamo vivendo attualmente ma che è anche destinata a ripetersi, a meno che non vengano finalmente effettuati interventi strutturali importanti.

A spiegare i contenuti dello studio che vaticinava l’emergenza è Nicola Dell’Acqua, tecnico veronese che allora era segretario generale dell’ Autorità di Bacino e oggi è direttore dell’Arpav, l’Agenzia regionale per i controlli ambientali.

«Nelle estati 2003, 2005 e 2007 avevamo avuto le avvisaglie che il cambiamento del clima in atto stava portando effetti evidenti», è la premessa di Dell’Acqua. «Dai nostri studi risultava che nel bacino dell’Adige, a partire ancora dal 1923, era iniziata una tendenza, leggera ma al contempo netta, di diminuzione delle precipitazioni e aumento delle temperature».

D’altro canto le tabelle dello studio dicono anche che già dieci anni fa si registrava un aumento dei periodi siccitosi, ovvero che stavano diventando sempre più lunghi i tempi fra una precipitazione e l’altra a causa del fatto che le piogge diventavano meno frequenti ma più violente e concentrate in breve tempo, e che i ghiacciai si stavano riducendo.

«Per quanto il fiume Adige, le cui acque vengono usate per alimentare l’irrigazione nell’intero Veronese e, tramite il canale Leb, anche nel Vicentino, nel Padovano e nel Veneziano, tutte queste situazioni già allora mettevano in evidenza una netta prospettiva di crisi», aggiunge Dell’ Acqua. L’Adige, secondo la sua analisi, è un corso d’acqua che, pur essendo essenziale per l’agricoltura, di fatto non è strutturato in maniera adeguata per garantire l’irrigazione. Lungo il Piave, per fare un esempio, sono stati realizzati serbatoi che trattengono l’acqua d’inverno e la rilasciano d’estate, a servizio delle coltivazioni, mentre i bacini che si trovano nell’Adige servono le centrali idroelettriche del Trentino e, quindi, fanno scorrere acqua anche nei mesi freddi, quando seguendo il ciclo naturale non dovrebbe esserci e quando non viene utilizzata per l’agricoltura.

La ricerca dell’Autorità di Bacino spiegava che proprio l’uso dell’acqua per la produzione di energia già nel 2007 stava avendo un impatto sugli altri utilizzi dell’acqua del fiume. Sia per quello, che è prioritario per legge, di alimentazione di alcuni acquedotti del Polesine e del Veneziano, sia per quello di contrasto alla risalita del cuneo salino nell’alveo dell’Adige che, ovviamente, per l’irrigazione.

Una situazione che già allora faceva ipotizzare che il problema sarebbe prima o poi scoppiato e che, proprio com’ è accaduto quest’anno, ciò sarebbe avvenuto a maggio.

«Il ciclo idrico del fiume è cambiato proprio a causa dei serbatoi del Trentino e, considerato che essi producono energia per le attività produttive e le reti civili, credo proprio che sia complicato fare in modo che su questo fronte possa cambiare qualcosa», afferma Dell’Acqua. «Quello che non si può più rimandare è, invece, la realizzazione di bacini che trattengano l’acqua in pianura e il rafforzamento dell’azione di cambiamento dei sistemi di irrigazione che i Consorzi di Bonifica stanno attuando, allo scopo di ridurre gli sprechi d’acqua».

«Si tratta di opere che hanno costi rilevanti (servono piani d’intervento per milioni e milioni di euro, ndr) ma che vanno realizzate al più presto», è la conclusione di Dell’Acqua, «perché, anche se dovesse verificarsi qualche annata più piovosa, il problema poi si ripresenterà». Ed in ballo c’è il futuro dell’agricoltura.

Luca Fiorin

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