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Il prete di Bussolengo per tre anni l’ombra del cardinale Martini

Don Damiano Modena, sacerdote di Bussolengo che opera in Campania
Don Damiano Modena, sacerdote di Bussolengo che opera in Campania
Don Damiano Modena, sacerdote di Bussolengo che opera in Campania
Don Damiano Modena, sacerdote di Bussolengo che opera in Campania

Pietro Comite OGLIASTRO CILENTO Dalla provincia di Verona a quella di Salerno per testimoniare e affermare il Credo nel Cristo che lo ha avvinto e chiamato e che lo ha fatto essere vicino al cardinale Carlo Maria Martini, nei suoi ultimi tre anni di vita, all’Aloisianum, Istituto di studi filosofici dei Gesuiti a Gallarate. E’ la storia breve ma intensa di don Damiano Modena che lascia la natia Bussolengo per il Cilento, terra di San Matteo con Velia e Paestum, per dare consistenza, concretezza e spessore alla «chiamata». Lontano dalla sua terra e a 26 anni, il 13 agosto 1994, Damiano Modena viene ordinato sacerdote nella cattedrale diocesana di Vallo della Lucaniada dove inizia la lunghissima serie di impegni nelle parrocchie di Campora, Laurino, Stio, Gorga, Centola, Foria, San Severino, Palinuro, Laurito, Alfano, Montano Antilia, Capaccio, Massa ed Ogliastro Cilento dove, dal settembre 2016, è titolare di Santa Croce e di San Nazario nella frazione Finocchito. Massiccio l’impegno espletato da don Damiano nel risolvere le problematiche strutturali alle diverse chiese a lui affidate. Luoghi di preghiera e contemplazione tornano ad essere, come d’incanto, più belli e suggestivi grazie allo stimolante impegno del sacerdote veronese che riusciva a coinvolgere intere comunità prima lontane e refrattarie a ogni sollecitazione. Ma l’esperienza di servizio più luminosa e appagante è stata quella vissuta al servizio del cardinale Martini e mirabilmente raccontata nel libro Il silenzio della Parola. Lo sguardo del prete si adombra mentre gli occhi diventano lucidi nel rivivere e rivedere un periodo formativo fatto di tanta intensità con l’ex primate della Chiesa milanese. Un triennio difficile da dimenticare in uno spaccato di vita intrisa di tanto amore, trasporto, servizio, disponibilità e comprensione fino al sacrificio personale per quel porporato che ancor oggi gli dà forza e vigore nell’ ininterrotto impegno volto ad alleviare le sofferenze altrui. Una profonda e continua empatia si era ormai instaurata con il cardinale, «un bambinone che, a volte, consentiva giochi e battute» forse per stemperare momentanee emergenze legate a crisi improvvise che don Damiano forse rivisita mentre fissa le bianche pareti della stanza nella canonica. Tre anni di grande spessore, da settembre 2009 a dicembre 2012, hanno modellato l’esistenza del sacerdote di Bussolengo ricevendo, in cambio, un’eredità spirituale che ha posto al servizio delle comunità cilentane e di quella ogliastrese nell’ultimo anno. Un impegno evangelico, quello svolto nel chiuso di alcune stanze dell’Istituto gallaratese volto a dare aiuto e sostegno a chi, dopo una vita spesa al servizio della gente nella sterminata diocesi milanese, postula amore e comprensione come lenimento di grandi sofferenze sempre patite con cristiana rassegnazione. Don Damiano, commosso dal ricordo di esaltanti momenti di fede, tiene a precisare che «eredità è ciò che l’altro ci lascia non necessariamente ciò che si capisce o si sa usare. Il dono può essere enorme ma la comprensione, la ricezione e l’uso di esso può essere assai scarsa da parte del ricettore. All’inizio, grazie agli studi sul suo pensiero, il dono prendeva questo nome: una teologia della vita sotto il primato di Dio. Concretamente si tratta di passare al vaglio la vita e la storia degli uomini, alla luce della Sacra Scrittura e coglierne la lucentezza là dove, prima, si intuivano solo penombre. Alla fine della sua vita il “ dono “ prende il nome di misericordia. Misericordia accolta, ricevuta e questo a partire sempre dalla Scrittura. Non c’è versetto evangelico da cui non traspaia un’unica scelta di Gesù di Nazaret: stare in compagnia degli uomini, perdere del tempo con loro, mettersi in fila con i peccatori, dare quello che si ha per lasciare in eredità un po’ di ciò che si è. Questo, penso, mi abbia comunicato il cardinal Martini. Ma c’è moltissimo altro che ancora non ho compreso e che forse non capirò mai». Le memorie potrebbero continuare all’infinito ma don Damiano le ricaccia nel chiuso del suo cuore insieme a tanti altri esaltanti momenti vissuti con il cardinale Martini. •

Pietro Comite

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