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A un anno dal sisma

«Ho negli occhi
i pianti, i vicoli,
le strade deserte»

Le testimonianze dei volontari veronesi nel Centro Italia
Amatrice dopo il terremoto
Amatrice dopo il terremoto
Amatrice dopo il terremoto
Amatrice dopo il terremoto

«Eravamo in piena zona rossa, ma non in centro: mi è bastato il racconto di chi operava nel cuore dei paesi e rientrava sconvolto dopo aver visto case esternamente integre ma completamente distrutte al loro interno. Non le ho viste con i miei occhi ma è stato come se l’avessi fatto: questa immagine spettrale mi ha impressionato moltissimo». «La difficoltà più grande, per chi prestava soccorso in quei giorni, era dire la verità a tutte quelle persone: avevano perso tutto. Eppure, in quella situazione, c'è stato anche chi si è preoccupato di come stessimo noi».

 

Due testimonianze, due ricordi indelebili, probabilmente riemersi con ancor maggiore vigore dalla notizia del terremoto di lunedì a Ischia. Testimonianze che abbiamo chiesto, a un anno dalla prima devastante scossa che ha percorso il Centro Italia il 24 agosto, ad alcuni veronesi che da allora si sono messi a disposizione, con le proprie competenze o solo con il proprio desiderio di rendersi utile, in quella che viene definita «la macchina dei soccorsi» che di meccanico ha ben poco. Il carburante indispensabile è l’altruismo e a farla andare è anche il desiderio di rendersi utili, aiutare.

 

Dona e riceverai non è una frase fatta: quanti si sono messi in moto per il Centro Italia hanno ricevuto in cambia esempi di dignità e coraggio, senza autocommiserazioni che pure sarebbero comprensibili. Il sindaco, il tecnico del Comune, lo studente che dopo pochi mesi si sarebbe diplomato, il cuoco, il prete...: a nome dei tanti - di tutti coloro che hanno operato (e stanno operando) ad Amatrice, a Norcia, nei paesi fantasma - raccontano che cosa è rimasto loro dentro.

A.S.

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