<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Cinquant’anni fa
la corsa all’oro
di Verzini (e Gonzato)

Amsterdam, 27 agosto 1967: Verzini e Gonzato al centro del podioIl campione Dino Verzini
Amsterdam, 27 agosto 1967: Verzini e Gonzato al centro del podioIl campione Dino Verzini
Amsterdam, 27 agosto 1967: Verzini e Gonzato al centro del podioIl campione Dino Verzini
Amsterdam, 27 agosto 1967: Verzini e Gonzato al centro del podioIl campione Dino Verzini

Cinquant’anni fa, come oggi, il 27 agosto 1967, era domenica anche allora, il sanmartinese Dino Verzini, con il compagno bassanese Bruno Gonzato, conquistava ad Amsterdam, per i colori azzurri, il mondiale di velocità dilettanti su tandem, battendo i favoriti francesi Trentin e Morelon che erano campioni del mondo in carica.

L’ultima gara di finale fu condotta mirabilmente con un lungo surplace a un giro dalla fine, un leggero scivolamento e un lunghissimo scatto bruciante che aveva lasciato indietro i due francesi.

Fu una vittoria venuta da lontano. Dino, classe 1943, era figlio di Tullio, costruttore di bici al Ponte del Cristo con tanto di brevetto registrato e che dal 1927 al 1930 aveva partecipato a quattro Giri d’Italia come «isolato», cioè corridore allo stato puro, senza squadra e senza assistenza, che partiva con il gruppo e la sua vittoria era di arrivare alla fine entro il tempo massimo, cosa che a Tullio riuscì per tutte e quattro le volte.

Questo il carattere e la determinazione che trasferì su Dino che a 18 anni cominciò a correre come dilettante e in tale categoria restò per tutta la sua vita agonistica: si sentiva portato per la velocità individuale di cui ha vinto il titolo italiano nel ‘66 e nel ‘68 ma fu il tandem a riservargli le soddisfazioni maggiori con tre titoli italiani nel 1965, ‘67 e ‘72 che coronano il successo mondiale del 1967. Partecipò anche alle olimpiadi del 1968 a Città del Messico e a quelle tragiche di Monaco di Baviera quattro anni dopo (quando ci fu l’assalto terroristico agli atleti israeliani nel villaggio olimpico), ma senza la soddisfazione di poter salire sul podio a causa anche di problemi tecnici che nulla avevano a che vedere con la sportività e la sua costante forza di allenamento.

«Sembra strano ma adesso, ricordando le mie vittorie, provo una soddisfazione maggiore di quando le ho ottenute. Ci ripenso e sento che ho fatto qualcosa di buono. Sono molto più orgoglioso di me adesso, che allora: andando avanti con l’età i ricordi acquistano un sapore più intenso», aveva confidato in un’intervista qualche anno fa. La medaglia d’oro mondiale non c’è più, fusa per regalare un anello alla moglie Elisabetta, che con i figli nati dal loro matrimonio sono la medaglia più bella rimasta. V.Z.

Suggerimenti