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«Ci uccide anche il silenzio»

L’affollato incontro con l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente di Gens Nova e Penelope FOTO PECORA
L’affollato incontro con l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente di Gens Nova e Penelope FOTO PECORA
L’affollato incontro con l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente di Gens Nova e Penelope FOTO PECORA
L’affollato incontro con l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente di Gens Nova e Penelope FOTO PECORA

L'amministrazione di San Martino Buon Albergo ha anticipato le celebrazioni della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fissata dall’Onu per oggi, con un incontro in sala consiliare molto partecipato e condiviso attorno all’intervento dell’avvocato Antonio Maria La Scala, del Foro di Bari, penalista esperto di diritto penale militare, di reati contro la pubblica amministrazione, di diritto penale dell’impresa, presidente delle due associazioni Gens nova e Penelope e da anni impegnato nella difesa di donne vittime di violenza.

È stato presentato dall’assessore alla cultura Caterina Compri che con quello alle pari opportunità, Roberta Scaravelli, ha promosso e sostenuto l’evento, in collaborazione con la polizia locale e le associazioni Penelope, delle famiglie e degli amici delle persone scomparse e Gens Nova. «Due associazioni che sono delle squadre molto forti», ha premesso La Scala, che è partito con una breve cronistoria della visione del mondo femminile da parte del diritto e delle istituzioni per soffermarsi sulle finalità di Penelope, che oltre a ricercare la verità sulle persone scomparse o uccise dai propri partner, ha costruito una banca dati del Dna e un fondo a sostegno delle donne vittime.

Ha evidenziato le mostruosità giuridiche e l’impegno dell’associazione per eliminarle, come il diritto negato della vittima e dei suoi eredi di ereditare le proprietà del coniuge aggressore «per indegnità» e che tale sia dichiarato come pena accessoria nella sentenza di condanna. O come l’astuzia di liberarsi dei beni prima del rinvio a giudizio per evitare che vengano sequestrati, ma con il rinvio a giudizio dovrebbe essere automatico il sequestro conservativo dei beni.

Tra le proposte dell’associazione, avanzate per bocca dell’avvocato La Scala, c’è anche il diritto alla pena sospesa per persone incensurate condannate a pene non superiori ai due anni, purché disposte a riparare alla condotta delittuosa; inoltre il beneficio dell’affidamento in prova per il recupero del condannato deve essere meritato, non concesso in automatico.

«Non basta condannare», ha sottolineato La Scala, «dobbiamo concentrarci sulla tutela della vittima, ed è il ruolo dell’associazione Penelope che si mette a disposizione delle famiglie che in situazioni di drammaticità perdono di vista la necessaria lucidità per agire. La scomparsa di una persona cara va denunciata tempestivamente, anche solo oralmente, perché non è vero che si devono far passare le 48 ore».

I dati forniti dall’associazione sono sconcertanti e drammatici: 2.167 scomparse di bambini italiani, tutte sono state archiviate, mentre calava il silenzio su 19mila bambini stranieri scomparsi in Italia. «È vergognoso che nessuno parli di questo, sebbene il sito del ministero dell’Interno riporti tutto l’elenco», ha denunciato La Scala.

Sono intervenuti con le loro testimonianze familiari di persone scomparse: Stefania, figlia di Mario, che pur avendo denunciato immediatamente, non ha ottenuto che il caso avesse il giusto peso, argomentando che essendo adulto sarebbe tornato quando avesse voluto lui.

«Ci uccide il silenzio», ha denunciato Emilia, mamma di Marianna, scomparsa quattro anni fa a 18 anni, sofferente di anoressia nervosa, malattia per la quale si può morire, «ma io la sento viva e me ne farò una ragione solo quando troverò il corpo».

Un appello è venuto dal sindaco Franco De Santi contro la violenza sulle donne e sulla figura femminile che non deve essere elemento di giudizio maschilista e offensivo. Anche la dirigente scolastica Anna Paola Marconi ha voluto rimarcare la necessità di parlare dei fatti e dare la parola a chi non ce l’ha: «Il primo lavoro che facciamo a scuola è sul riconoscimento delle proprie emozioni: una scuola che si ferma per educare, non solo per istruire. Il lavoro diretto ci permette di avere uno spaccato della società sanmartinese e imparare a cogliere la mezza parola del bambino o del genitore, lavorando sulle preoccupazioni piuttosto che piangere poi per quello che non si è colto. Una scuola che abbia il coraggio di non voltarsi dall’altra parte», ha concluso.

Vittorio Zambaldo

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