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Addio a Ferrara, storico vigile che salvò un’intera famiglia

Si svolgeranno martedì alle 10.30, nella chiesa parrocchiale, i funerali di Giuseppe Ferrara, uno dei tre vigili storici di San Martino Buon Albergo. Era in pensione dal 2006, dopo 33 anni di servizio nella polizia municipale, ultimo della triade ad abbandonare il lavoro con un paese molto cambiato rispetto a quello che aveva cominciato a conoscere nel 1973. In quell’anno era stato assunto in Comune con regolare concorso mentre era sindaco Ennio Molon. Con lui anche Marco Perella, per molti anni suo collega ed amico. «Parché proprio du foresti?» gli aveva chiesto a bruciapelo il parroco di allora, don Egidio Peroni, quando era venuto a presentarsi. Prima di loro due, a San Martino c’era una guardia municipale, Francesco Fiorentini e nella polizia era stato inquadrato, con chiamata diretta, Annibale Albiero, conosciuto in paese anche con l’appellativo di «vigile volante» per i risultati che otteneva nelle gare di maratona. All’inizio del loro lavoro, Ferrara e i suoi due colleghi seguivano tutti i settori della vita di San Martino, un paese che allora contava circa 7mila abitanti. Fra i loro compiti anche quello di accendere i semafori di piazza del Popolo alle ore 7 del mattino e di spegnerli alle 21 perché non erano regolati da un timer. Da allora le cose sono cambiate con grande rapidità: la popolazione è molto aumentata e con essa le problematiche che la polizia municipale deve seguire. Così anche gli agenti sono aumentati di numero pure a San Martino. Dei tre dell’inizio, Albiero fu il primo ad andarsene in pensione. Dopo di lui, Perella nel gennaio del 2000. Quest’ultimo aveva trascorso 27 anni di lavoro assieme a Ferrara riuscendo sempre a collaborare nonostante la diversità del carattere e del modo di vivere la figura di vigile. Li accumunava, se non altro, l’origine isolana: Ferrara era arrivato nel Nord d’Italia dalla Sicilia, Perella dalla Sardegna. La svolta significativa nella storia della polizia municipale di San Martino venne impressa dal sindaco Marcello Gaiga che, in collaborazione con il segretario comunale Giuliano Giuliani, volle creare il comando dei vigili in un paese cresciuto nella popolazione e nei problemi da seguire. Era il 1995 e come comandante dei vigili arrivò l’ispettore Valentino Maimeri. Alla pensione Ferrara era arrivato con quarant’anni di contributi per altri lavori svolti precedentemente alla sua assunzione a San Martino Buon Albergo, come l’impiego al petrolchimico dell’Anic di Gela. In pensione era giunto rimpiangendo il contatto diretto con la gente di San Martino che aveva imparato a conoscere e della quale godeva la stima. Tanti gli episodi che gli erano accaduti. Uno, però, è sempre rimasto più di tutti fra i suoi ricordi: l’aver potuto salvare da morte sicura ben tre componenti della famiglia Cristofoli residente in corte Garibaldi. Una vera fortuna per quella casa il passaggio nel dicembre del 1982 di Ferrara ed Ezio Damasconi, impiegato a tempo determinato del Comune. A loro era stato affidato il compito di far firmare i documenti relativi alla misurazione degli appartamenti in vista dell’applicazione della tassa sui rifiuti solidi urbani. Alla prima loro scampanellata nessuno venne ad aprire la porta. Eppure in casa delle persone c’erano di sicuro. Ne erano certi perché le avevano notate poco prima passando davanti alla finestra. Ma, forse, per qualche motivo non volevano aprire. I due suonarono più volte il campanello. Alla fine si affacciò una donna dicendo che in casa tutti si erano addormentati, che lei non si sentiva bene e che passassero un’altra volta a far firmare quelle carte. Poi richiuse la porta. La sua espressione, le sue parole non convinsero però l’agente Ferrara e chi era con lui. Un rapido colloquio con i vicini di casa li spinse ad attaccarsi ancora al campanello. Attimi lunghi, quasi eterni. Poi la stessa signora di prima ebbe solo la forza di aprire la porta prima di accasciarsi al suolo priva di forze. Un’intuizione rapida, una corsa a spalancare porte e finestre per far entrare aria pulita e la donna e il figlio, che era in cucina con lei, ripresero abbastanza presto i sensi e riuscirono a comunicare che una terza persona si trovava addormentata al piano di sopra. Difficile svegliarla dal sonno in cui era sprofondata. Una chiamata d’urgenza al 113, l’arrivo dell’autoambulanza, la corsa all’ospedale di Borgo Trento, le cure intensive e, dopo circa un’ora, un grosso sospiro di sollievo per la dichiarazione dei medici che tutte tre le persone ricoverate per intossicazione erano fuori pericolo. Per quella volta il monossido di carbonio prodotto dalla caldaia difettosa non aveva ammazzato silenziosamente nessuno. Fatalità, cocciutaggine, intuizione: queste le tre parole con cui Ferrara ricordava quell’episodio che era rimasto ben impresso nella sua mente anche quando era in pensione. Per quei salvataggi sognava sempre che l’Amministrazione gli conferisse il Martino d’oro, la massima onorificenza del Comune. Ma non è mai arrivata. Ferrara lascia la moglie Paola Gaspari e tre figli: Irene, Giovanni e Federico. •

Giuseppe Corrà

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