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Acqua
passata

«Da diciassette anni lavoro qui e tengo sotto controllo i livelli dell’Adige, ma non ho mai visto niente del genere». Antonio Tomezzoli, presidente del Consorzio di Bonifica Veronese non nasconde la preoccupazione. «La situazione sta diventando drammatica per l’agricoltura», dice, «e lo sarà ancora di più dai prossimi giorni, a causa dell’ordinanza della Regione che stabilisce la decurtazione del 50 per cento delle derivazioni dall’Adige». In pratica il Consorzio dovrà dimezzare i prelievi di acqua a scopo irriguo.

LA PRIORITÀ va infatti all’utilizzo umano, cioè alle zone del Polesine e del Padovano dove l’acqua dell’Adige serve per gli acquedotti, per evitare che si crei il cuneo salino. Ovvio che, se le scorte saranno sempre meno, le decurtazioni aumenteranno, così come i problemi per le colture.

«La quantità che in questo modo viene concessa all’agricoltura non basta a far funzionare tutta la macchina», si sfoga Tomezzoli, «perché nessuno ne avrà abbastanza. Ce la faremo senza difficoltà in un’area limitata del territorio che serviamo, quella riconvertita a irrigazione a pressione: va da Affi, a Bardolino fino a Bussolengo e grazie al sistema a microgocce richiede molta meno disponibilità di acqua».

«Il problema riguarda tutto il resto della provincia», prosegue, «quindi abbiamo organizzato un Cda straordinario (ne riferiamo a lato, ndr) per capire meglio le necessità e organizzarci di conseguenza».

È NECESSARIO ragionare sul medio periodo, perché la situazione non lascia intravedere prospettive rosee. I bacini che si trovano a monte e che danno origine al flusso dell’Adige hanno pochissima acqua: per rendere l’idea, quello di Santa Giustina, il più grande, è vuoto per l’80 per cento e a causa delle scarse nevicate invernali non potrà che svuotarsi ulteriormente. Vanno quindi valutate le coltivazioni che oggi sono in difficoltà, ma anche quelle che potranno diventarlo nelle prossime settimane.

«LA ZONA DELL’AGRO veronese è quella che al momento ha più bisogno di irrigazione», spiega Claudio Valente, presidente di Coldiretti, «qui si trovano colture di pregio, tanti fruttiferi come pesche e kiwi. Il terreno non aiuta: c’è un sottile strato di terra e subito sotto la ghiaia, tanto che già nell’Ottocento era stato creato un sistema per garantire l’irrigazione a questa area. Il problema non riguarda solo la produzione di quest’ anno», sottolinea Valente, «ma le piante stesse, che vivono per decenni: una stagione priva di acqua può causare la perdita di un patrimonio. In più si aggiunge il problema del calo termico: questa mattina (ieri, ndr), all’alba c’erano 3 gradi e mezzo. Una temperatura del genere mette a rischio la fioritura delle arboree più precoci».

La siccità non sta creando per il momento difficoltà ai vitigni, ma fra quindici giorni sarà la volta delle risaie, che hanno bisogno nella prima fase di una notevole quantità di acqua, attinta dalle risorgive. Le quali, alimentate dall’irrigazione che dovrebbe esserci a Nord della provincia, rischiano quest’anno di avere ben poca disponibilità. Ne parleranno i prossimi giorni anche gli associati della Cia: «Li ho convocati per fare il punto della situazione e individuare possibili soluzioni», commenta il presidente Andrea Lavagnoli.

FIUMI ma anche laghi, perché gli scarsi livelli di acqua riguardano anche il Garda, l’Idro nel Bresciano e il Ledro più a nord, in Trentino: «L’acqua per i nostri campi proviene anche da questi bacini, perciò la situazione è preoccupante», spiega Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura. E aggiunge: «Si risolverà con la solita battaglia tra assessorati al turismo e alle politiche agricole: ho la sensazione però che l’agricoltura abbia un peso sempre minore rispetto ad altri interessi».

Francesca Lorandi

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