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A Fane smascherò il finto frate

Chi l’ha conosciuto, a Bevilacqua come nelle altre parrocchie dove in precedenza aveva prestato servizio, è convinto che don Adrian Cristinel Bulai non avrebbe mai fatto uno «sgarro» alla sua Chiesa, a quel Signore a cui aveva consacrato la vita, mettendo fine alla sua esistenza per coprire qualche peccato mal tollerato dalla sua coscienza e dal suo abito talare. Che si trattasse di debiti piuttosto che di vizi o di semplici eccessi, di cui ora si vocifera a vanvera in paese senza che ci sia però uno straccio di riscontro. E, seppure la scelta drammatica di togliersi la vita faccia a pugni con il credo cristiano dove la vita vince sempre la morte, in più di un’occasione don Adrian aveva dimostrato d’essere un prete tutto d’un pezzo, sfidando convenzioni e non esitando a rivelare scomode verità. Come nel novembre del 2010 quando, all’epoca in cui era il giovane e riservato parroco dell’unità pastorale di Fane, Torbe, Prun e Mazzano, piccole località arroccate sulle colline della Valpolicella, non esitò a smascherare un falso frate che per una decina d’anni aveva celebrato messa e assolto parecchi fedeli. Quel «padre Tommaso», che trascorreva le sue estati in quel centro di mille anime a 700 metri di altezza, spacciandosi per francescano o in alcuni casi per monaco agostiniano. Tanto da essersi guadagnato nel tempo la fiducia, la stima e persino l’affetto dei parrocchiani di Fane che non esitavano ad ospitare a pranzo o a cena quell’anziano religioso dal fisico minuto sempre disponibile con tutti.

In realtà si trattava di un impostore bell’e buono che esercitava in barba all’«unzione» e che recitava così bene la sua parte sul pulpito come nel confessionale da essere riuscito ad ingannare tutti. Facendo persino incetta di offerte per i suoi poverelli. Sotto quel saio si celava invece Italo Galleni, un 84enne nativo di Lucca ma residente a Perugia, che aveva iniziato a frequentare la parrocchia veronese dopo aver conosciuto negli anni Novanta due sorelle di Mazzano durante una vacanza sulla costa adriatica. Da lì il sedicente frate faceva tappa regolarmente a Fane da maggio ad ottobre, assentandosi da quello che aveva fatto credere essere il suo monastero. A scoprire che «padre Tommaso» predicava con l’inganno fu proprio don Bulai in occasione del ricovero del falso frate all’ospedale Sacro Cuore di Negrar per alcuni accertamenti. In quell’occasione, il futuro parroco di Bevilacqua cercò di mettersi in contatto con quelli che l’84enne spacciava per i suoi superiori. E fu così che la verità venne a galla e scoppio una «bomba» che fece il giro d’Italia. Don Adrian non esitò a comunicare quel castello di bugie alla Curia prima di darne notizia durante la messa. Fedele alla verità, alla sua intransigenza, al suo patto d’amore con Cristo.

Stefano Nicoli

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