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Studenti tedeschi
tolgono le erbacce
al Cimitero militare

I ragazzi si sono impressionati per la giovane età dei sepoltiStudenti tedeschi al lavoro al cimitero militare tedesco di Costermano
I ragazzi si sono impressionati per la giovane età dei sepoltiStudenti tedeschi al lavoro al cimitero militare tedesco di Costermano
I ragazzi si sono impressionati per la giovane età dei sepoltiStudenti tedeschi al lavoro al cimitero militare tedesco di Costermano
I ragazzi si sono impressionati per la giovane età dei sepoltiStudenti tedeschi al lavoro al cimitero militare tedesco di Costermano

Chini sull’erica, strappano con le mani, a una a una, le erbe «cattive» annidate tra queste piantine che ornano le tombe dei 22.028 soldati sepolti al Cimitero militare germanico di Costermano.

Quarantatré alunni tra i 12 e i 13 anni della Realschule Vilshofen hanno lavorato per ore, dedicandosi alla Memoria dei loro caduti.

«Le famiglie, il Comune e tanti sponsor pagano per far loro svolgere questa esperienza di altissimo senso civico», evidenzia l’amministratore Mauro Agostinetto. Che ricorda: «Sono qui anche grazie al Servizio per le onoranze ai caduti germanici, con sede a Kassel, l’associazione che tutela tutti gli 860 cimiteri germanici presenti nel mondo, dei quali 16 in Italia. Questo», precisa, «fu inaugurato il 6 maggio 1967 dopo dodici anni di lavoro. Nel 2017 ricorre il cinquantesimo anniversario dell’apertura al pubblico che sarà ricordato con una cerimonia che vedrà presenti le massime autorità civili, militari e religiose italiane e tedesche».

Sono 14 anni che gli studenti della settima classe, che corrisponde alla nostra seconda media, vengono a Costermano, a rotazione, dalla Realschule Vilshofen. «Svolgono un lavoro concreto e prezioso per cui siamo loro grati. E la loro “devozione”», evidenzia Agostinetto, «indica che ne sentono profondamente l’alto valore civile».

Sono giovani, ma questa esperienza li farà crescere.

«L’anno prossimo studieranno la storia della prima e della seconda guerra mondiale», dice Stephan Candussio, uno dei cinque insegnanti che li hanno accompagnati. «Per esperienza so che in quel momento emergerà più evidente il significato di quanto stanno facendo. Del resto, per Vilshofen, questa è una tradizione irrinunciabile», rileva, «resa possibile anche da un finanziamento del Comune e alla forte partecipazione dei genitori, molto propensi a mandare qui i figli». Durante il soggiorno i ragazzi hanno visto il lago di Garda, dove hanno soggiornato in un campeggio, visitato un parco divertimenti e sono stati a Verona. Ma questa sembra essere stata per loro la tappa cruciale.

«Quello che mi è piaciuto di più è stato venire qua. Ho sentito tanto parlare di cimiteri militari ma non ne avevo mai visti prima», dice Tim, 13 anni. «È importante che qualcuno faccia qualcosa per i propri “antenati”.

Mentre toglievo le erbacce mi è venuto il pensiero che riposasse qui un parente lontano. Ma ho controllato sulla lista dei caduti e non ce ne sono». Celine pure tredicenne dice: «Mi ha colpito leggere quanto fossero giovani i ragazzi sepolti qui».

Precisa Agostinetto: «Oltre un terzo di loro, quando perse la vita in guerra, aveva tra i 17 e i 20 anni, il più giovane 14 e 4 mesi». Aggiunge il professore: «È questo il dato che impressiona di più i ragazzi».

Gli studenti hanno lavorato senza attrezzi «per ragioni di sicurezza», sotto il sole, procedendo fila per fila, a due a due. L’aria che si respirava lì era surreale. Serena. Quasi un paradosso in un luogo da cui spesso si tende a fuggire. «Stanno portando avanti il motto dell’associazione, “Lavoro per la pace”, un’associazione nata nel 1919 grazie alla quale un gruppo di cittadini, viste le difficoltà economiche del proprio Paese, decise di raccogliere fondi per creare questi posti dove dare degna sepoltura ai propri caduti. Il primo a sorgere in Italia fu quello di Quero, Belluno, tra il 1936 e il 1939».

L’anno prossimo torneranno altri studenti. «I primi che ci raggiunsero, nel 2003, hanno ora 28 anni. Molti di loro sono tornati», conclude Agostinetto. Che proprio da allora risiede in una casa all’interno del cimitero.

Barbara Bertasi

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