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Sempre più specie «straniere»
nel lago di Garda: sono ben 42

Una carpa: è uno dei pesci non indigeni più diffusi nel Garda
Una carpa: è uno dei pesci non indigeni più diffusi nel Garda
Una carpa: è uno dei pesci non indigeni più diffusi nel Garda
Una carpa: è uno dei pesci non indigeni più diffusi nel Garda

Nel lago di Garda ci sono 42 specie alloctone, ovvero specie non indigene che trovando un ambiente favorevole proliferano diventando spesso invasive e minacciose per la biodiversità autoctona.

Nel dettaglio sono state contate 23 specie di pesci, 15 di invertebrati, tre di piante acquatiche e una macroalga.

Sono i dati del censimento elaborato dalle ricercatrici Francesca Ciutti e Cristina Cappelletti della Fondazione Edmund Mach (Fem) di San Michele all’Adige, in provincia di Trento, che dal 2009 seguono il fenomeno nel Garda affiancando e integrando gli studi portati avanti da tempo dal Museo civico di storia naturale di Verona.

Numeri a cui si è arrivati anche grazie alle segnalazioni di chi il lago lo vive e lo osserva ogni giorno, come i pescatori, e alla collaborazione del dottor Ivano Confortini della Provincia di Verona per la parte relativa alla fauna ittica. Il tema delle «invasioni biologiche» è stato anche al centro del convegno organizzato al museo della pesca di Cassone dall’associazione Dirlindana Club Malcesine, che da anni collabora con la Fondazione Mach per il ripopolamento del carpione.

«Tra le specie più invasive», spiega Ciutti, «ci sono il gambero americano Orconectes limosus e le due vongole cinesi Corbicula fluminea e Corbicula fluminalis, specie diffuse soprattutto nel basso lago per la presenza di fondali limosi e di zone con canneti. Il fenomeno è visibile a tutti sulle rive, dove si possono osservare massicci depositi di valve delle vongole e gamberi morti spiaggiati in presenza di moti ondosi forti».

A questi invertebrati vanno aggiunti anche la vongola gigante, il gambero rosso della Louisiana e il gamberetto killer Dikerogammarus villosus, proveniente dall’Est (regione ponto-caspica).

«Le specie alloctone possono avere effetti negativi su quelle autoctone se diventano invasive, subentrando la competizione per gli habitat e per il cibo, ma anche perché vengono introdotte nuove patologie», spiega Ciutti.

Meno nota alle cronache la presenza della medusa di acqua dolce Craspedacusta sowerbii, specie originaria della Cina avvistata per la prima volta nel 2008. «Trascorre gran parte della sua vita allo stadio di polipo e solo in particolari condizioni si sviluppa diventando medusa, motivo per cui non tutti gli anni viene osservata», illustra Ciutti.

Incontrarla facendo il bagno è un’esperienza rara, ma se dovesse accadere niente paura: «È una piccola medusa che misura al massimo 2,5 centimetri e pur possedendo tentacoli urticanti non è dannosa per l’uomo, avendo un’esigua quantità di neurotossine», puntualizza la ricercatrice. I pesci alloctoni più diffusi sono invece la carpa, il lucioperca, il persico sole, il persico trota, il pesce gatto nero e il siluro, di cui recentemente ne sono stati pescati di notevoli dimensioni (nell’agosto 2015 al largo di Lazise ne fu preso uno di oltre due metri per 80 chili di peso). Della lista fa parte anche il lavarello, come ricordano Adelino Lombardi e Giacomo Rizzotti, rispettivamente presidente e segretario del Dirlindana Club Malcesine: «È stato introdotto agli inizi del Novecento dalla Svizzera e oggi con la sardina sostiene quasi la totalità dell’economia ittica gardesana, venendo riprodotto in incubatoi dedicati». L’immissione di nuove specie può essere mediata dall’essere umano in modo volontario rilasciando esemplari senza magari conoscere le possibili conseguenze, oppure involontario: alcune specie arrivano nel Garda attraverso l’acqua di sentina delle barche. Lavarello a parte, l’introduzione di specie aliene è spesso tutt’altro che innocua. Le soluzioni?

«È impossibile eliminare tutti gli esemplari di una specie giunta in un ambiente», conclude Ciutti, «ci sono esperienze di contenimento, ossia di catture per tenere il numero degli esemplari relativamente basso, ma questa operazione ha costi elevati. In alcuni casi attraverso il monitoraggio costante degli ambienti è possibile rilevare subito la presenza di una specie nuova e tentare di eradicarla precocemente, ma la via più percorribile è sensibilizzare la popolazione sulla presenza e rilevanza del fenomeno, cercando così di evitare gli inserimenti volontari di specie alloctone».

Katia Ferraro

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