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Sei milioni di metri cubi di scavi. Fatti a mano

Operai intenti a scavare. Alla domenica si organizzavano scampagnate per andare a seguire i lavori
Operai intenti a scavare. Alla domenica si organizzavano scampagnate per andare a seguire i lavori
Operai intenti a scavare. Alla domenica si organizzavano scampagnate per andare a seguire i lavori
Operai intenti a scavare. Alla domenica si organizzavano scampagnate per andare a seguire i lavori

Il Canale Biffis preleva l’acqua dall’Adige in località Pilcante nei pressi di Ala-Avio, passa attraverso la prima stazione di salto di Bussolengo e finisce poco prima di Chievo dopo un percorso di 47 chilometri, alimentando la produzione delle centrali idroelettriche di Bussolengo e di Chievo soddisfacendo il fabbisogno energetico di quasi 215 mila famiglie per oltre 800 mila persone. Un’opera colossale, considerata ancor oggi di alta ingegneria idraulica, e dai numeri incredibili: basti pensare ai sei milioni di metri cubi di scavi all’aperto (paragonabili alla capienza di 500 mila camion o seimila chilometri di camion se messi tutti in fila), ai 650 mila di scavi in galleria (55 mila camion o 650 chilometri se in fila), ai 54 ponti di attraversamento, al ponte canale sul Torrente Tasso in località Sega di Cavaion, ancor oggi studiato nelle sue linee progettuali per la straordinaria complessità costruttiva. Ogni giorno almeno mille persone erano presenti lungo il cantiere, con una paga settimanale che, nel 1941, variava da 1,15 a 4,20 lire all’ora. Con pochi mezzi riuscirono a portare a termine un’opera ciclopica. Uomini che, armati di badile e piccone, riempivano di materiale le carriole in legno che i «cariolanti» trasportavano da un posto all’altro con un’abilità tale che diventava spettacolo al punto che alla domenica le scarpate del canale attiravano decine di persone che seguivano le loro evoluzioni. Un lavoro massacrante, ma che ha rappresentato una fonte certa di sostentamento per centinaia di famiglie in tutta la Valle dell’Adige, da Trento a Verona: anche per quel ragazzo di 14 anni assunto con regolare busta paga con l’unico compito di portare l’acqua da bere agli operai o quel lavoratore, come tanti altri, che ogni sera metteva un pugno di cemento nel risvolto dei pantaloni per costruirsi la casa. Il sogno di Ferdinando Biffis, laureato in ingegneria idraulica a 20 anni al Politecnico di Zurigo, divenne realtà a tappe: il desiderio di costruire un canale capace di garantire l’irrigazione a 30 mila ettari di terreno cominciò a concretizzarsi nel 1929 ma i lavori dovettero subito fare i conti con la crisi mondiale del 1930 e ripresero solo otto anni dopo per concludersi nel 1943. •

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