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Gardesana
trafficata
«Metterei
il pedaggio»

Aldo Veronesi, vicesindaco di Brenzone
Aldo Veronesi, vicesindaco di Brenzone
Aldo Veronesi, vicesindaco di Brenzone
Aldo Veronesi, vicesindaco di Brenzone

Nel 1992, prima che il partito si disperdesse dal Veneto alla Sicilia senza mai più ritrovarsi, Aldo Veronesi fu democristiano giusto il tempo di prendere parte al suo primo e ultimo ribaltamento di maggioranza, quando il sindaco era ancora indicato dal Consiglio comunale anziché essere eletto direttamente dal popolo. Dopo che Dennis Palminio fu proclamato sindaco al posto di Livio Parisi, Veronesi, che era consigliere di minoranza, fu nominato assessore. Sebbene la scuola della Dc stesse smobilitando, ebbe modo di imparare la lezione delle lezioni: dividi e comanda. «Amministrare dà più o meno potere. Parisi e Palminio, però, non erano democristiani. Accettai qualche compromesso, ma senza sconfessare i miei principi».

Veronesi è ed è stato vicesindaco e candidato sindaco di Brenzone. Oggi, cos’è indispensabile?

«Oltre che coerenti con se stessi, bisogna essere presenti negli uffici comunali e in pubblico, franchi nei rapporti sociali, ma, innanzitutto, trasparenti in ogni attività».

Certo: ex democristiano, ma sindaco mancato. Si ricandiderebbe per indossare, finalmente, il Tricolore da primo e non da secondo dei cittadini?

«No. Un sindaco non deve i- dolatrarsi. Un sindaco, che ci sia o non ci sia in seguito, deve garantire continuità alla propria amministrazione. Io non mi considero il sindaco, anche se qualcuno pensa ciò, io collaboro con il sindaco».

Lei è un amministratore, ma anche un assicuratore. Un voto equivale a una polizza: nell’incertezza degli accadimenti, il vicino di casa dà certezze?

«Sempre che il proprio interlocutore abbia credibilità: cioè dica no quando gli sarebbe più conveniente dire sì. Il voto coinvolge la persona; la polizza, principalmente la professionalità. Fui anche il più votato della maggioranza, mai dell’intero Brenzone. Quanto alle polizze, percorro da 30 anni avanti e indietro la riviera e l’entroterra».

Se non fosse che, nel 2014, il sindaco Tommaso Bertoncelli ricevette soltanto undici preferenze in più (770 a 759) dell’altro candidato Davide Benedetti.

«Intende che fu una vittoria di Pirro? Può darsi. Comunque, faremo il lungolago e i marciapiedi sulla strada Gardesana e ripristineremo i muretti e i selciati nei sentieri».

Meglio, a rimetterci potrebbe essere stato il paese. La civica di Bertoncelli era «Tutti per Brenzone», la civica di Benedetti era «Brenzone prima di tutto». Sintetizzerei: tutti per Benzone prima di tutto.

«Due erano liste, due erano le prospettive di Brenzone. Non è stato, non è e non sarà il solo Comune al cui interno più gruppi si aggregano e si confrontano. Benché abbiamo gli ulivi, non è detto che ci scambieremo il ramoscello».

Brenzone deriverebbe da Brenni: Germani che si stabilirono sul Monte Baldo e che depredarono il sottostante lago di Garda. Ora, invece, gli stessi Germani portano ricchezze.

«Moltissimi, soprattutto tedeschi, trascorrono, ininterrottamente da cinquant’ anni, le vacanze nelle nostre spiagge e colline. Si sono affezionati ai luoghi, ma anche alle persone. Essendoci troppi candidati, dovremmo concedere la cittadinanza onoraria a tutti».

I turisti vi raggiunsero soltanto negli anni Trenta, dopo la costruzione della Gardesana.

«Due sono gli orientamenti a Brenzone: il primo, velocizzare con degli svincoli la circolazione nelle strade esistenti nell’entroterra in alternativa alla Gardesana; il secondo, realizzare un’altra Gardesana. Io conterrei, introducendo un pedaggio sulla Gardesana, i pendolari della domenica, almeno da aprile a settembre. Ormai, neppure i posteggi a pagamento sono abbastanza. I pendolari dell’ entroterra sono i benvenuti, ma sono decisamente troppi».

Finché non disposero di Google, i turisti vi trovarono, piuttosto, forse accidentalmente più che con il passaparola. Brenzone: il Comune che non c’è. Ha 16 frazioni, ma nessuna dà il nome al paese. Il municipio è a Magugnano.

«Quale legge impone che il nome del Comune debba coincidere con il nome del capoluogo? È evidente: non abbiamo una grande piazza rappresentativa, bensì tanti piccoli centri abitati che ci caratterizzano rispetto agli altri paesi del Garda».

Già, il lago. Sempre nel 2014, votaste il referendum per diventare Brenzone sul Garda. Crisi d’identità o di pubblicità?

«Ovviamente, dal giorno dopo fummo maggiormente riconoscibili. Il tratto tra il Comune di Garda e Peschiera è diverso dal tratto tra il Comune di Garda e Malcesine, che include Brenzone. Nel primo, ci sono più giovani; nel secondo, ci sono più famiglie. Nel primo, l’acqua è tranquilla; nel secondo, l’acqua è agitata».

Eppure, proprio l’amministrazione raccoglierà in un libro le vecchie fotografie. La comunità ha aderito all’iniziativa per recuperare l’unità del passato perduta nel presente?

«Al contrario: una volta c’era più campanilismo tra le frazioni. Gli affari - pernottamenti, compravendite, affitti, ristoranti e commerci - non ci hanno sradicati dal territorio. Io stesso sono figlio di contadini. Quando posso, torno nei campi. La pubblicazione sarà condivisa con i turisti perché prendano sempre più confidenza con noi».

In provincia, più d’una Pro loco, ignorata o indebitata, cessa l’attività. A Brenzone, l’associazione si è sostituita, finanche, all’agenzia di Informazione e Accoglienza Turistica.

«La Pro loco è fondamentale nell’organizzazione delle manifestazioni e, di conseguenza, nella promozione del territorio. L’associazione non provvede solo alla fatturazione. Il Comune non potrebbe mettere a disposizione altrettanto personale».

A Castelletto, dove fu recuperato il macigno con le incisioni - alcune religiose - preistoriche, celebrate la Via Crucis, che è animata da un centinaio di figuranti, accompagnati da migliaia di partecipanti, anche stranieri. A volte, quest’ultimi si radunano nelle chiesette. Siete un Paradiso in terra?

«Sì. Siamo brava gente circondata da un paesaggio indimenticabile».

Beh, meditate se non sia il caso di riconciliarvi tra civici, chè il Purgatorio potrebbe essere dietro l’angolo della prima corte.

Stefano Caniato

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