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Dossier anonimo
scoperchia i conti
e apre lo scontro

All’ingegner Franco Falcieri, allora direttore generale, il cda di Funivia aveva contestato nell’autunno del 2012 di aver autorizzato tra il marzo e il giugno di quello stesso anno mandati di pagamento per circa centomila euro al gestore dei servizi di ristorazione a Prà Alpesina e alla stazione di arrivo della funivia di Tratto Spino sul Monte Baldo, a fronte di lavori di tinteggiatura, ripristino locali e attrezzature, manutenzione di impianti elettrici e quant’ altro, per i quali però mancavano le pezze giustificative. La notizia divenne di dominio pubblico attraverso un dossier anonimo spedito ai soci, alla stampa e alla magistratura e grazie alla conseguente alzata di scudi dell’allora presidente della Provincia, Giovanni Miozzi, che voleva veder chiaro nei conti della propria partecipata.

Falcieri da subito si è difeso sostenendo che le pezze giustificative c’erano tutte ma che, data la sospensione dall’incarico (avvenuta il 17 ottobre 2012), gli era stato reso impossibile tornare in azienda per prendere i documenti e produrli. Il cda di Atf, presieduto allora da Stefano Passarini, al contrario ha sempre risposto di aver dato spazio ampio di difesa. Sullo sfondo c’è anche la sparizione di un faldone di documenti, con relativa denuncia di furto da parte dello stesso Passarini, e il suo ritrovamento poche ore dopo. Inoltre la produzione di registrazioni di colloqui e telefonate occorsi tra le parti in merito al licenziamento, che secondo Falcieri avrebbe avuto una matrice esclusivamente politica, tesi sempre contestata da Passarini.

Anche secondo quanto scritto dal pubblico ministero Maria Beatrice Zanotti nella richiesta di archiviazione del filone penale (aperto con un esposto dello stesso Passarini), richiesta accolta il 28 aprile 2015, «il quadro prospettato dagli esponenti» risultava «contraddittorio, non limpido» e la strana sparizione del faldone di documenti, poi rinvenuto senza parte del contenuto, era un’ «anomala circostanza», da sommare «all’evidente tentativo di non consentire a Falcieri di rientrare in possesso di quanto utile alla sua difesa in sede civile». Il pm citava la registrazione del colloquio avvenuto a fine ottobre 2012 tra Stefano Passarini e Franco Falcieri, accompagnato dal fratello Paolo, durante il quale si cercava di trovare una soluzione soddisfacente alla fine del rapporto lavorativo e di evitare così il ricorso al tribunale del lavoro.

In quel colloquio era emersa l’idea che le motivazioni del licenziamento di Falcieri fossero politiche, tanto che sempre il pm Zanotti scrisse di «inquietanti elementi in ordine alle ragioni sostanziali che avrebbero determinato l’allontanamento di Falcieri». Ricostruiva allora lo stesso Falcieri (rappresentato dall’avvocato Aldo Campesan per il civile e dal collega Alfonso Pascucci per il penale) citando la registrazione: «Secondo le parole di Passarini ero divenuto l’oggetto da ammazzare a livello politico per una lotta all’interno del Pdl veronese». Il colloquio si era concluso con un nulla di fatto, seguito il 5 novembre 2012 dal licenziamento in tronco di Falcieri. Un primo ricorso al Tribunale del lavoro si era concluso con una sentenza favorevole ad Atf, mentre è ribaltato il giudizio nella sentenza della Corte d’Appello. La parola ora alla Corte di Cassazione.FR.MAZ.

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