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Camosci sul Baldo
«Sono duemila
e l’ambiente soffre»

Tiziano Zanetti osserva i camosci con il cannocchialeUn esemplare di camoscio bruca tranquillo su un sentiero del Baldo
Tiziano Zanetti osserva i camosci con il cannocchialeUn esemplare di camoscio bruca tranquillo su un sentiero del Baldo
Tiziano Zanetti osserva i camosci con il cannocchialeUn esemplare di camoscio bruca tranquillo su un sentiero del Baldo
Tiziano Zanetti osserva i camosci con il cannocchialeUn esemplare di camoscio bruca tranquillo su un sentiero del Baldo

Il Monte Baldo ha regalato un cielo di cristallo, senza nubi e un filo di vento frizzante in un’alba incantata di rosa, a chi ha raggiunto il rifugio Barana al Telegrafo, a quota 2147 metri, postazione chiave per contare i camosci che popolano il Giardino d’Europa. Si è svolto infatti l’annuale censimento, organizzato dai 9 Comprensori alpini di caccia del Baldo in collaborazione con la Provincia. I gruppo comprende Caprino, Brentino Belluno, Brenzone, Costermano, Ferrara di Monte Baldo, Rivoli, Torri, Malcesine e San Zeno di Montagna, zone di riferimento coperte da cacciatori che ne fanno parte.

Ha tirato le fila Tiziano Zanetti, presidente d quello di Caprino, primo ad arrivare sabato pomeriggio al Telegrafo dove sono poi giunti altri 16 cacciatori dei Comprensori di Caprino, Brentino Belluno, Brenzone e Negrar, su un totale di 103 doppiette in azione.

Il 20 luglio Zanetti ha raccolto i dati globali, 36 zone coperte su 50 sul Baldo, poi comunicati in Provincia, dove saranno elaborati: «Abbiamo contato 1402 camosci tra i quali 345 jahrling (il piccolo di un anno)», ha ragguagliato Zanetti. «La due giorni è sempre impegnativa. Per contare i capi bisogna uscire alle prime luci dell’alba. Chi va in quota deve raggiungere il rifugio di notte o pernottarvi come ha fatto la maggior parte di chi ha coperto le aree alte. Così, dopo la cena insieme, gli ultimi e i ragguagli sul come distribuirsi nelle 12 postazioni circostanti il Telegrafo. I cacciatori degli altri comprensori avrebbero coperto le rispettive zone di riferimento. «Il censimento», spiega Zanetti, «si fa una volta l’anno, approfittando del caldo quando i camosci si portano nella montagna alta mentre di solito stanno più in basso». La flora del Baldo è ricchissima. «Si passa da noccioli, a faggeta, a mughi, ad erba dove vengono per trovare pascolo, pronti a scendere nei mughi per ripararsi quando fa troppo caldo. Questo è il periodo migliore per la conta. I piccoli sono nati tra maggio e giugno e questi animali fanno branco guidati dal capobranco, di solito una vecchia femmina».

Molte «doppiette» sono veterane: «Ora siamo volontari e facciamo questo per passione, autofinanziandoci, per amore di un territorio che consociamo. Qui infatti non si caccia perché siamo nelle oasi, ma il censimento serve per conoscere la fauna e definire la sopportabilità del territorio. Secondo stime elaborate nei primi anni del ripopolamento, fine anni ‘80 e inizi ’90, i camosci sul Baldo dovrebbero essere 600/700. Potendo contarli tutti credo arriveremmo a 2000. L’anno scorso ne contammo oltre 1000 che, secondo noi, considerando gli jahrling, la conta prevede di moltiplicare per 5 lo jahrling essendo parte di una famiglia», dice, «credo saremmo arrivati a 1600».

Zanetti, 62 anni, in pensione, ama la caccia e il Baldo. Ma questo è un impegno. Dice un «collega»: «Manca la funivia e salire per il censimento è dura. Si marcia con lo zaino, che pesa su 15 chili, poiché contiene anche le ottiche, il “lungo“ da montare sul trepiedi e un binocolo per avvistare e classificare gli animali. Inoltre è fondamentale portare acqua, cambio di vestiario poiché è già successo di imbattersi in temporali».

Il censimento in questo caso si è svolto invece con un tempo da fiaba. Tutti in piedi alle 4, colazione e poi via sparsi per il Baldo. Così, nel silenzio del mattino, i primi camosci sbucavano. Quest’anno più sparpagliati del solito. Parevano conscie, le bestie, di una presenza umana che le scrutava a distanza. Alcuni, nelle foto, sembrano persino guardare nell’obiettivo. Eppure sono abituati alla presenza inoffensiva dell’uomo che non temono». Sul sentiero, salendo nel pomeriggio, due cacciatori si sono imbattuti in un camoscio che li ha guardati per poi ritirarsi.

Dopo l’appostamento di domenica, durato circa 2 ore, Zanetti e Giramonti, presidente del comprensorio di Brenzone, avevano già fatto la prima conta. Sei le zone da loro seguite: Buse, Forcellin, Vallaore, Malmaor, Val del Telegrafo e Val di Ossi, queste 2 seguite da Zanetti dalla cresta che le separa. In quelle basse aveva consegnato schede coi dati complessivi poi comunicati in Provincia. «Quassù, domenica, abbiamo contato 484 capi», ha subito ragguagliato.

Concorde con lui Giramonti ha commentato: «Da 20 anni sollecito un intervento di selezione sul Baldo anche nelle zone vietate alla caccia, oasi provinciale del Baldo e bandite demaniali. Se non si faranno prelievi arriveranno malattie come cherato-congiuntivite e rogna sarcoptica, quest’anno abbiamo avvistato capi anziani anche in difficoltà e, in un anno il nostro patrimonio faunistico, di valore inestimabile, sarà distrutto come in altre zone dell’arco alpino perché il Baldo, come stimato negli anni della reintroduzione, tra il 1987 e il 1993 quando ne lanciarono 58, avrebbe una potenzialità massima di 6/700 capi mentre ora saremo sui 2000».

Barbara Bertasi

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