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Alessandra e il femminicidio «Le coscienze si smuovano»

Alessandra Maffezzoli in un momento felice
Alessandra Maffezzoli in un momento felice
Alessandra Maffezzoli in un momento felice
Alessandra Maffezzoli in un momento felice

Garda protagonista su Raitre in Amore Criminale, nella puntata in onda l’11 febbraio, in prima serata dalle 21,30. È dedicata ad Alessandra Maffezzoli, originaria di Garda, assassinata dall’ex compagno a 46 anni, in casa a Pastrengo l’8 giugno 2016. Il programma, quest’anno condotto da Veronica Pivetti, ricorda così i tragici episodi di una vicenda che ha colpito la nostra provincia e segnato in modo indelebile la famiglia, anche di Alessandra, maestra elementare e madre di due figli: Alberto, oggi ventenne, e Massimo, oggi diciannovenne. Anticipa l’ideatrice Matilde D’Errico di Raitre: «Amore criminale ha una lunga storia di impegno sociale. La prima volta che andò in onda, nel 2007, non c’era ancora la legge sullo stalking, ma i casi di femminicidio sono ancora tantissimi. Perciò, con Amore Criminale, denunciamo quanto accade, ma soprattutto, grazie ad una stretta collaborazione con i centri anti-violenza, cerchiamo di offrire un supporto a tutte le donne in difficoltà». Gli autori sono appunto D’Errico e Maurizio Iannelli che firmano anche la regia. Nel programma la storia della Maffezzoli verrà riproposta al pubblico da Pivetti attraverso la testimonianza di familiari, amiche, colleghe, dell’avvocata di Garda Federica Panizzo, dall’infanzia legata ad Alessandra, che sin dai primi atti di indagine, come precisa, ha seguito i congiunti. A seguire, una «docu» interpretata da attori. Ecco, in sintesi, l’ accaduto. Alessandra, insegnante in una primaria a Lazise, dal 2007 abitava in una villetta a schiera in via maggiore Negri San Front a Pastrengo, giunta da Caprino. Aveva avuto una relazione con Jean Luca Falchetto, oggi 54enne, allora barista a Bardolino. La storia si era interrotta nel 2015. Aveva troncato lei e lui non poteva sopportarlo. «Molestava lei ed i figli tanto da indurla a rivolgersi a dei legali», dice l’avvocata. Ma la sera di mercoledì 8 giugno dei vicini avvisarono i carabinieri perché sentivano «grida femminili». Quando da Peschiera giunse la pattuglia, Alessandra giaceva con la nuca fracassata, un colpo inferto da dietro, 14 coltellate tra cui quelle mortali. L’uomo era poi fuggito sul lago dove, trovato a Lazise, aveva poi confessato. Il 20 settembre 2017 è stato condannato a quindici anni e 4 mesi con rito abbreviato. All’udienza erano presenti i figli con Panizzo, Sara Gini e Marisa Mazzi, rispettive presidenti delle associazioni Telefono Rosa e Isolina, costituitesi parte civile. Alla vigilia di Amore Criminale, lo zio Ivano, tra i familiari intervistati da Raitre, dice: «Alessandra era figlia di mio fratello Alberto, morto in un incidente il 4 agosto 1969, prima che lei nascesse il 21 marzo 1970. Era molto apprezzata a scuola ma è sempre stata sfortunata a livello affettivo. La vicenda è stata un pesante trauma. Ero a Bibbiena quando mia moglie mi chiamò ordinando, con un tono mai sentito prima, di tornare. Ne fui terrorizzato. Temevo fosse accaduto qualcosa di terribile ad uno dei ragazzi di Alessandra. Poi ho saputo che proprio lei era stata uccisa. Subito mia moglie prese in custodia Massimo, allora diciassettenne, ed entrambi sono stati saltuariamente con noi. Quindi abbiamo portato avanti le infinite pratiche burocratiche. Il tempo passa ma il problema di una famiglia distrutta dal dolore e dallo choc resta». «La pena», dice la legale, «chiesta dal pm era di 30 anni. Il giudice l’ha ridotta a 15 anni e 4 mesi considerando l’omicidio semplice anziché aggravato dall’abiezione e futilità dei motivi. Ragione per cui la difesa dei congiunti ha chiesto l’impugnazione della sentenza», informa Panizzo. Lo zio: «Temiamo che Falchetto sconti una pena inferiore ai 15 anni e poi torni a vivere, come Alessandra non potrà più fare. Spero che la trasmissione smuova le coscienze. A Garda, ho organizzato un mostra sul femminicidio. Vorrei farne una sulle altre vittime: i bambini». Chiude Panizzo: «Questa vicenda è la tragica dimostrazione che atti persecutori inascoltati spesso sfociano nella tragedia del femminicidio». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Barbara Bertasi

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