Così se n'è andata anche la seconda possibilità di veder nascere una fusione nel veronese. Un mese fa la stessa fine aveva fatto l’unione tra Belfiore e Caldiero. In quel caso fu il Comune più piccolo, Belfiore, a imporsi sull'esito votando per 1.117 volte no all'unione con Caldiero, l'87 per cento dei votanti che furono circa la metà degli aventi diritto. I sì furono appena 176. Fusione che i caldieresi hanno sentito molto poco: si recarono a votare appena il 33 per cento degli aventi diritto, meno di Roncà. Comunque anche a Caldiero i no furono più dei sì: 1.316 no, contro 649 sì. Analizzando le due votazioni del 17 dicembre e del 21 gennaio, si può ben dire che i cittadini non sono pronti a rinunciare al toponimo originale e a cambiare campanile, o meglio, ad abbattere il proprio, per erigerne uno nuovo. Chissà se le cose sarebbero andate diversamente, se per esempio, nella fusione BelfioreCaldieroTerme fossero stati della partita anche i Comuni di Colognola e Illasi, com'era nel progetto originario. Così come l'esito potrebbe essere stato diverso se nella fusione tra Roncà e San Giovanni Ilarione fosse stato coinvolto anche Montecchia di Crosara. Nulla di fatto dunque, si è scherzato. Avanti come prima, a meno che la Regione non ci metta lo zampino. I sindaci di Caldiero e San Giovanni Ilarione sono appena stati eletti (lo scorso giugno)e hanno tutto il mandato per amministrare i rispettivi enti. Alessio Albertini a Belfiore è stato eletto un anno prima di Marcazzan e Lovato e dunque ha ancora buona parte del proprio mandato a disposizione. L'unico che andrà tra poco al voto, nella primavera del 2019, è il sindaco Turri di Roncà, che tuttavia non ha forze politiche o liste civiche in opposizione e può proseguire serenamente, fino alla scadenza del mandato. Z.M.