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Tutto cominciò nel 1997
con la scommessa
da un milione di lire

Palio dei mussi: una corsa lunga vent’anni
Palio dei mussi: una corsa lunga vent’anni
Palio dei mussi: una corsa lunga vent’anni
Palio dei mussi: una corsa lunga vent’anni

Un milione di ottime ragioni per riprendere l'antica usanza della corsa a dorso d'asino: nel 1997, quando, guidati da Sandro Tasoniero, un gruppetto di ragazzi di Terrossa scherzando davanti a un «bianco» buttò lì l'idea, ci fu chi, sulla follia del gruppo, ci mise un milione di lire. Non fu solo uno, a dire il vero, e nel giro di pochi giorni gli scommettitori sulla sfida nostrana si rivelarono un gruppetto: sarà stato anche allora a fine luglio, in occasione della sagra di Santa Maria Maddalena, a Terrossa tornò in vita un'usanza antica, quella di regalare un momento di gloria al quadrupede con cui si lavoravano i campi e che l'avvento dei trattori aveva fatto morire. Una corsa, una roba semplice: un gruppo di asini liberi di scorrazzare per le strade di Terrossa con in groppa fantini improvvisati: chi arriva primo vince. Come distinguere i concorrenti? Semplice, grazie a bandiere e «divise» messe insieme con gli scampoli di tessuto rimanenze della Confitex. Furono scelti così, partendo solo dalle giacenze di magazzino, i tredici colori per altrettante contrade. Vinsero i Binelli, per qualcuno anche per merito della polo rosa che il sindaco di allora, Giamberto Bochese, indossava. Ci scherzarono tutti su, ma la contrada col colore della maglietta del sindaco vinse nel 1998 e nel 1999: al quarto, Bochese scelse una maglietta arcobaleno e quell'anno al via c'era pure «Marrakech», la squadra degli stranieri della frazione. Con la seconda edizione il sapore antico venne tradotto da qualche contrada con attrezzi e oggetti della sepolta civiltà contadina fatti sfilare su carretti improvvisati: fu nel 1999 che il carro dedicato ai «veci mestieri» venne realizzato da ogni contrada e fatto sfilare prima del via della corsa. Nel 2001 Tasoniero rilanciò: «Perché non far da mangiare il sabato sera? Che cosa? Ricette antiche». Si creò il problema del bicchiere, perché a Terrossa si decise che il vino, prodotto principe della zona, si dovesse regalare agli ospiti.

NACQUE COSÌ il «pegnato», il pentolino smaltato utilizzato un tempo per scaldare il latte e che ogni anno viene ordinato per tempo a una ditta rumena. Un cordino infilato sul manico ed ecco bello e pronto quello che è diventato il simbolo della notte delle contrade, acquistabile al «Casoto» dei fantini e loro fonte di finanziamento per coprire il soggiorno dei mussi a Terrossa, o meglio le attivià del Mostello, l'ostello dei mussi. Fu un successo quella prima notte: i 40 chili di porchetta bruciati in 40 minuti in contrà Valle sono diventati un episodio leggendario. Non si perse d'animo nessuno: tutti corsero in «caneva» (cioè in cantina) per recuperare tutte le sopresse possibili. Tasoniero mantenne il timone fino al 2004, passandolo poi a Ruggero Fattori che lo ha mantenuto per dieci anni esatti. Ed è in questa seconda parte di storia che il Palio si è strutturato, a cominciare dalla nascita del Mussodromo (grazie, va detto, alle proteste degli animalisti nel 2010) e con i paletti agli eccessi. Il testimone di presidente del Palio è poi passato nel 2015 a Paolo Guarda. Il segreto del Palio? «Facciamo divertire», risponde Fattori, «ma i primi a divertirci, lavorando come matti tutti quanti, siamo noi!». P.D.C.

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