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Tra Lega e Marzotto sfida a carte bollate

Undici mesi fa: il commissario della Lega Debora Marzotto alla cena di consegna mandato per le elezioni comunali
Undici mesi fa: il commissario della Lega Debora Marzotto alla cena di consegna mandato per le elezioni comunali
Undici mesi fa: il commissario della Lega Debora Marzotto alla cena di consegna mandato per le elezioni comunali
Undici mesi fa: il commissario della Lega Debora Marzotto alla cena di consegna mandato per le elezioni comunali

Carte bollate c’erano sui tavoli e, nella battaglia tra la Lega Nord e la fuoriuscita Debora Marzotto, carte bollate ne arriveranno: l’ex segretario ed ex commissario della sezione di San Bonifacio annuncia querele per diffamazione nei confronti della segreteria provinciale della Lega Nord. Il motivo è presto detto: secondo la Lega, Marzotto, reduce da una vicenda giudiziaria per la quale a gennaio 2018 era stata condannata in primo grado a un anno e otto mesi, avrebbe presentato in segreteria provinciale una copia «artefatta» del dispositivo della sentenza «omettendo parti della condanna». «Mi aspettavo giocassero questa carta perché l’avevano già fatto verbalmente», replica lei, «non c’è nulla di artefatto: in un primo tempo ho depositato il dispositivo della sentenza, che è un riassunto, ma quando in Lega hanno avuto la sentenza mi hanno convocato come se fossero due documenti diversi. Davanti a tali accuse», dice, «io stessa invitai chi mi incolpava ad andare in Procura. Quanto accaduto è un fatto gravissimo, mi sono già attivata per sporgere querela». Unico modo per dirimere la questione poter vedere la sentenza «artefatta»: il commissario Matteo Mattuzzi ci ha dirottati sulla segreteria provinciale dalla quale, però, al momento non è pervenuta risposta. Sulla vicenda giudiziaria in cui Marzotto è stata coinvolta come presidente-facente funzioni di direttore alla casa di riposo di Albaredo d’Adige, la segreteria provinciale della Lega ricorda che la condanna prevede anche «il pagamento di 19.506 euro e dall’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici». Marzotto si infuria: «Condanna in primo grado per la quale ho fatto appello perché sono nel giusto. In Lega hanno un parere legale che chiarisce come le pene, anche quelle accessorie, passano in esecuzione solo al passaggio in giudicato della sentenza». La accusano di essersi rifiutata di dimettersi. «Certo, quando mi hanno messo un foglio bianco davanti: ho preteso che la cosa passasse in direttivo e fosse messa ai voti. Io le dimissioni le avevo presentate prima della sentenza e le respinsero». Stando alla Lega sarebbe stata lei il motore della «rivolta» della sezione di San Bonifacio: «L’inferno è cominciato con la richiesta di ritirare il verbale, firmato da 60 persone, col quale chiedevamo come responsabile elettorale Paolo Paternoster o Roberto Turri. Ricordo che alla cena di sezione del 1° dicembre il segretario nazionale Toni Da Re disse che la Marzotto non si tocca. Il 4 gennaio, a un incontro aperto anche a un ex leghista, appoggi e sostegni vennero condizionati all’azzeramento della sezione e della sottoscritta e l’8 gennaio è scattato il commissariamento. Non sono stata io, come mi si accusa, a fomentare la rivolta». Quanto ai numeri, la segreteria provinciale attesta che in 21 avrebbero seguito la Marzotto nella fuoriuscita, mentre lei parla di «oltre 30 dimissioni da parte di militanti, alcuni tra i sostenitori le hanno mandate altri non ancora: l’unico dato certo è che a San Bonifacio la Lega conta su quattro persone». Su una sola cosa la pensano allo stesso modo: la presentazione di una lista con le altre forze del centro-destra a San Bonifacio alle quali, evidentemente, passa ora questa rovente palla. •

P.D.C.

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