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Stop ai piselli taroccati
«Solo i nostri Bisi sono
le vere perle verdi»

L’associazione bisicoltori con il logo del loro prodotto
L’associazione bisicoltori con il logo del loro prodotto
L’associazione bisicoltori con il logo del loro prodotto
L’associazione bisicoltori con il logo del loro prodotto

Il prestigio del marchio e la prelibatezza del prodotto sono tali da indurre più di qualcuno a spacciare per bisi di Colognola piselli che non lo sono.

Ad accorgersene è stata l’Associazione bisicoltori del paese, sorta lo scorso anno per preservare l’eccellenza delle perle verdi locali. Impegnati in questi giorni nel primo raccolto del prodotto principe delle colline colognolesi, ai coltivatori non sono sfuggiti ristoratori e venditori che, in provincia e in città, preparano piatti e vendono bisi definendoli «di Colognola» quando, invece, parrebbe non essere così.

«I nostri bisi sono il risultato di una selezione che è riuscita a identificare e produrre su larga scala il seme del Verdone nano originale, messo a disposizione dei nostri produttori, sapere che c’è chi li vende ‘taroccati’ è un fatto che non ci fa certo piacere», commentano all’Associazione bisicoltori colognolesi che annovera 25 aziende produttrici di Colognola le quali, come preannuncia il presidente Massimo Dalla Chiara, «quest’anno puntano a produrre almeno 500 quintali di bisi», da gustare e acquistare pure durante alla tradizionale sagra di maggio.

L'indagine varietale ha consentito il recupero di una semente che era ormai quasi introvabile sul mercato perché solo pochi agricoltori ne disponevano e la impiegavano nei campi per una coltura di nicchia che rischiava di venire meno. Da qualche anno, invece, grazie all’Associazione colognolese è stata salvaguardata.

Se l’imitazione da un lato attesta il successo del prodotto, dall’altro è un’azione ritenuta «scorretta» dai bisicoltori che, però, riferiscono di avere le mani legate: «Il nostro prodotto ha ottenuto la De.Co e ci impegniamo per difendere la qualità, ma non possiamo certo fare i ‘carabinieri’ per controllare o denunciare, anche perché non abbiamo l’autorità per farlo. Noi seguiamo un nostro disciplinare nella produzione», spiega Dalla Chiara, «ma non è applicabile per un eventuale controllo. Così non ci resta che contare sull’onestà di venditori e ristoratori, e sull’accortezza di chi li acquista». Dal canto loro, quando si accorgono dell’abuso della denominazione, l’unica cosa che i bisicoltori possono fare è «chiedere delucidazioni ai venditori e verificarne la provenienza». Insomma una situazione poco piacevole, soprattutto se si tiene conto che la coltivazione del prodotto richiede competenza, attenzione e sacrificio: «La pianta cresce senza trattamenti a base di agrofarmaci o diserbanti, quindi siamo in grado di garantire la naturalezza dei grani. La raccolta, poi, avviene esclusivamente a mano ed è laboriosa», spiega Mauro Franchi, tesoriere dell’associazione e titolare di un agriturismo. «Vogliamo offrire garanzie al consumatore, sviluppare la vendita diretta nelle aziende locali e valorizzare i bisi, inserendoli nei menù degli esercizi che si occupano di ristorazione».

Ma come fare a distinguere se si tratta davvero di bisi di Colognola? «I nostri bisi portano il marchio dell’Associazione, hanno il logo della De.Co», puntualizzano Dalla Chiara e Franchi, «e vengono venduti in apposite cassette con queste diciture». Un impegno non da poco, frutto dell’operato dei bisicoltori che hanno obiettivi precisi: «Preservare la nostra eccellenza; promuovere il prodotto al meglio e proporlo a un pubblico più vasto». M.R.

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