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Spazi inutilizzati al nuovo Ceod
Ora la parola passa ai cittadini

Luigi Righetti ed Ermanno Grassi FOTO BERNARDINATTI
Luigi Righetti ed Ermanno Grassi FOTO BERNARDINATTI
Luigi Righetti ed Ermanno Grassi FOTO BERNARDINATTI
Luigi Righetti ed Ermanno Grassi FOTO BERNARDINATTI

Sostegno e servizi alla persona: cosa mettere negli spazi che non serviranno al nuovo Ceod «L’Arcolaio», lo dicono i cittadini.

Sono loro, attraverso le 41 domande del questionario proposto dal progetto «Itas community», a porre le fondamenta del nuovo «contenitore» che si renderà disponibile con la costruzione del nuovo Ceod della cooperativa Monscleda all’ex base Logistica di Roncà.

Da destinare ci sono spazi equiparabili a nove ambulatori accanto alla nuova palestra e quelli, corrispondenti a venti posti letto, al piano superiore. C’è ancora qualche giorno per chi voglia dire la sua attraverso il questionario distribuito qualche settimana fa ad una trentina di associazioni (sportive, culturali, di categoria, di volontariato) del territorio: basta richiederlo al 348.3111788.

In ballo, ci sono servizi per un bacino di utenza di oltre 140 mila persone, quelle cioè che costituiscono i 25 comuni del distretto 4 dell’Ulss 20, quello di riferimento per la cooperativa Monscleda. La via per attuare l’idea sono le «Itas community» cioè delle nuove entità (e si parte proprio dal veronese) che integrano la natura mutualistica della compagnia assicurativa Itas con quella sociale della cooperativa Moscleda.

L’obiettivo è, come spiegano i due partner, «creare un modello di integrazione e di valore condiviso fra terzo settore e mutua in grado di fornire servizi e coprire i bisogni della comunità».

Il sociale, insomma, si fa impresa anche partendo da una formazione ad hoc che ha interessato la cooperativa Monscleda. Tra i temi anche il passaggio generazionale nel proseguimento del progetto «Moscleda daily care» che è il contenitore dei servizi alla persona avviato nell’ex Logistica.

«Stiamo sperimentando nuove strategie del business sociale», spiega la famiglia Marconi, titolare dell’agenzia Itas di San Bonifacio che ha posto le basi del progetto, «un business sostenibile perché orientato ai fabbisogni sociali, ambientali, culturali delle comunità locali con lo scopo di definire un sistema integrato di offerta». Lo si capisce bene anche scorrendo le 41 domande del questionario che toccano tutte le famiglie, quelle con figli piccoli e quelle con anziani oppure persone disabili ma pure i lavoratori agricoli che, nel periodo di massima attività, potrebbero aver bisogno di servizi mirati.

Si affronta anche il tema della previdenza e della copertura assicurativa dando in qualche modo alle persone la possibilità di indicare quale potrebbe essere la polizza «su misura» delle proprie esigenze. Tutto, nell’idea dei due protagonisti del progetto che non paiono proprio arrendersi alla crisi, passa per «una visione di valore condiviso dove un investimento limitato e mirato è in grado di fornire risultati strategici e duraturi». Il tentativo è di fare un «investimento limitato e mirato in grado di fornire risultati strategici e duraturi» .

Paola Dalli Cani

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