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Si tagliano vigneti
Tensione
in Val d’Alpone

I carabinieri a Colombaretta, in Val d’AlponeUn vigneto rimasto senza piante
I carabinieri a Colombaretta, in Val d’AlponeUn vigneto rimasto senza piante
I carabinieri a Colombaretta, in Val d’AlponeUn vigneto rimasto senza piante
I carabinieri a Colombaretta, in Val d’AlponeUn vigneto rimasto senza piante

Nei vigneti di Colombaretta arriva la ditta incaricata dall’ex Genio civile per conto della Regione e i proprietari fanno intervenire i carabinieri: «Hanno cambiato la perimetrazione del bacino senza comunicarlo e senza contraddittorio con noi hanno piazzato i nuovi picchetti: abbiamo chiamato i carabinieri perché certificassero quello che stava accadendo: la nostra unica speranza è la magistratura». Sono accalorate le voci di quattro degli oltre 50 proprietari dei 44 ettari su cui la Regione sta costruendo il bacino di laminazione dell’Alpone. E lo sono perché, a sentire loro, le prevaricazioni da parte dell’istituzione pubblica non si contano più.

Per tutelarsi in una quarantina hanno impugnato tutto l’impugnabile al Tribunale superiore delle Acque, e di recente hanno aggiunto altri due motivi: il progetto esecutivo dell’opera stravolgerebbe l’esecutivo aumentando a 1.108.000 metri cubi la capacità di invaso (che prima era di 935 mila metri cubi d’acqua) e con determinazione numero 920 (impugnata) l’Unità operativa espropri della Provincia (in nome e per conto della Regione) il 14 marzo ha riperimetrato parte delle aree interessate a esproprio.

«Rispetto ai picchetti piantati ad agosto, e accompagnati dal calcolo dell’esproprio, in molte proprietà ci sono variazioni consistenti anche di qualche metro», protestavano ieri mattina gli agricoltori. «La nuova perimetrazione è stata fatta in totale assenza di contraddittorio. Abbiamo chiesto il progetto e cinque giorni per vederlo. In realtà», spiegava ieri Adriano Rosa Morando, «il 19 i tecnici dell’ ex Genio sono arrivati senza carte in mano e il 20 sono arrivate le notifiche. Sembra che lavorino al contrario: prima fanno le cose, poi le comunicano». Dal canto suo l’ex Genio civile spiega che la determina 920 sarebbe proprio il rimedio alla «erronea perimetrazione delle aree alla quale è conseguito un errore di rilievo e successivo frazionamento che verrà emendato con le modalità e nei tempi previsti».

Gli agricoltori, però, insistono: «Guardi qua», dicevano indicando l’area che sarà l’inizio della cassa di valle, «hanno ristretto di 4 metri l’Alpone per poter lavorare all’ asciutto. Se viene una piena andiamo sotto già adesso».

Non è tutto: “Venerdì sono arrivati e hanno cominciato a tagliare: non è possibile fare una cosa del genere a frutti pendenti, e farlo costringendoci a rincorrere il resto del vigneto che rischia di collassare: lo sanno anche i sassi che siamo in piena stagione agraria e che a quest’ora abbiamo già fatto spese ingenti sulle piante». Invece, attorno, la desolazione di vigne accatastate e grappoli accumulati in mezzo agli ex filari. «Io qualche anno fa ho lasciato il posto fisso per occuparmi dei campi di famiglia. E questo è il risultato», diceva ieri avvilito Simone Tregnaghi. «In un colpo solo ho detto addio a due campi e mezzo che avrebbero fruttato 150 quintali e una mancata produzione per 4-5 mila euro: come la mantengo io la mia famiglia?».

Per avere un’idea basta indicare due cifre: il valore dei terreni, secondo i viticoltori, è di 240 mila euro l’ettaro ma il valore di esproprio adottato è di 180 mila euro/ettaro. Gli espropri sono minimi e viene lasciata la proprietà dei fondi agli agricoltori corrispondendo una servitù di circa 70 mila euro/ettaro: «È una bufala perché i terreni, sommersi da oltre 6 mezzi di acqua lurida, non saranno coltivabili! Che la Regione se li prenda tutti e li paghi il giusto! Perchè Zaia, che è agronomo, non viene qua a vedere?».

Paola Dalli Cani

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