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Rette e problemi:
fra le case di riposo
si profila il divorzio

La casa di riposo San Camillo di Bolca
La casa di riposo San Camillo di Bolca
La casa di riposo San Camillo di Bolca
La casa di riposo San Camillo di Bolca

Rischio Brexit in Val d’Alpone fra la casa di riposo San Camillo di Bolca e quella di Monteforte (entrambe gestite dalla Fondazione don Mozzatti d’Aprili) a causa di una serie di criticità che i familiari degli anziani ospiti non sono più disposti a tollerare. Lo stesso sindaco di Vestenanova Edo Dalla Verde, informato e sollecitato dai parenti, sta conducendo una trattativa con i vertici della Fondazione per risolvere i problemi dei concittadini e della struttura fortemente voluta dalla sua amministrazione.

«Una situazione non più sostenibile e inaccettabile, perché fortemente lesiva della dignità dei nostri anziani», sostengono i due rappresentanti eletti dai familiari del Soggiorno di Bolca, Giancarla Gugole e Maurizio Bacco, «con problematiche a tutto campo: innanzitutto di carattere economico, con l’aumento sconsiderato di alcune rette; inoltre abbiamo assistito senza poter fare nulla all’ allontanamento di figure professionali che erano punti di riferimento importantissimi per gli anziani, per le famiglie e anche per i dipendenti; gravissima riteniamo poi la “sperimentazione” che ha visto trasformare in sala da pranzo il salone del seminterrato, trasgredendo ogni norma di sicurezza in quanto non ci sono vie di fuga accessibili per i disabili e servizi igienici idonei. Una trappola mortale in caso di emergenza per chi è in carrozzella e comunque una segregazione che non consente di accedere al parco in queste giornate estive».

Ma il consiglio di amministrazione della fondazione Don Mozzatti d’Aprili non raccoglie alcuna istanza. E pensare che proprio grazie a questo ente, cinque anni fa, il San Camillo di Bolca ha preso vita diventando una struttura di eccellenza e un’opera pubblica importante per un comune montano come quello di Vestenanova che aveva affidato in toto la gestione alla Fondazione di Monteforte, contando proprio sulla pluriennale esperienza di servizi e di cure per anziani e disabili che essa aveva nel fondovalle.

Ora la situazione è grave e un’infuocata assemblea, sollecitata dai familiari degli ospiti di Bolca, tenutasi alla presenza del presidente Claudio Betteli e del direttore della Fondazione Giovanni Aldo Fazion, ha messo a nudo tutte le problematiche e le incongruenze dell’attuale gestione.

È stata una doccia fredda per i familiari di una decina di ospiti la «raccomandata datata 3 giugno 2016 con la comunicazione relativa al nuovo punteggio assegnato all’ospite e le fatture, del 31 maggio, con gli aumenti delle rette da 54,50 euro a 72,50 euro al giorno», come si legge nella lettera inviata dal Comitato familiari ospiti ai responsabili dei Servizi sociali dell’Ulss 20 di Verona.

Un provvedimento (540 euro in più al mese) definito inaccettabile in quanto «i familiari degli ospiti interessati non sono stati consultati per tempo sulla rivalutazione del loro congiunto, come previsto dal contratto sottoscritto al momento dell’accoglimento, che recita: “I soggetti sottoscrittori della presente si dichiarano sin d’ora impegnati ad assumere eventuali maggiorazioni di spesa sulla retta, comunque concordate, conseguenti a motivi di carattere sanitario che rendano necessario un intervento assistenziale particolare”. I familiari non hanno avuto tra l’altro il tempo di assumere eventuali decisioni di recessione dal contratto stipulato o di trasferimento dell’ospite. Non ritengono inoltre che si possa pretendere da loro un pagamento pregresso».

RINCARANO la dose i rappresentanti eletti che sollevano seri dubbi sul rispetto degli «standard regionali relativi al personale» operante nella Casa. Prova ne sia che durante la notte è presente soltanto un operatore su due piani e un infermiere è reperibile.

Nell’affollata assemblea è stato chiesto conto (senza risposte) al direttore Giovanni Aldo Fazion anche dell’ aumento di circa 30 mila euro annui del suo stipendio a fronte di minori responsabilità gestionali, visto che il San Camillo di Bolca e la maggior parte della Casa di riposo di Monteforte sono gestite da una cooperativa. Con preoccupante simultaneità si è assistito all’aumento dei non autosufficienti e quindi delle rette; come pure sono lievitati i costi delle sedute di fisioterapia a Monteforte.

A Bolca invece il prezioso servizio di fisioterapia è stato soppresso dallo scorso marzo, in contrasto con gli accordi del 2011 che parlavano di «potenziamento dei servizi per il territorio con la fisioterapia, la somministrazione di flebo e prelievi di sangue per analisi». Tutto è finito in una bolla di sapone a causa di un cda spaccato, con una maggioranza che parla di Bolca non come valore aggiunto per la Fondazione Don Mozzatti ma come «un cappio al collo» o «un concorrente interno alla Fondazione».

Nel corso dell’assemblea a più voci i familiari hanno chiesto a bruciapelo a presidente e direttore: «Ma cosa state facendo per il benessere dei nostri anziani? State prendendo in considerazione il disagio di persone disabili e non autosufficienti che sono trattate come pacchi da spostare qua e là?»

Sì perché la «sperimentazione» di cui sopra continua con il trasferimento quotidiano più volte al giorno degli ospiti al piano seminterrato con gli ascensori al collasso, «guasti» a giorni alterni.

I familiari dei 32 ospiti erano stati chiari: entro fine giugno stop alla «sperimentazione», perché gli anziani devono poter godere nel parco le belle giornate di luglio e non rimanere segregati nel seminterrato. Tempo scaduto. Il divorzio dalla Fondazione di Monteforte aleggia sul San Camillo di Bolca.

Mariella Gugole

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