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Pesciara di Bolca
C’è un tesoro
in profondità

Indicate dalla freccia, l’«impronta» di un pesce in profondità
Indicate dalla freccia, l’«impronta» di un pesce in profondità
Indicate dalla freccia, l’«impronta» di un pesce in profondità
Indicate dalla freccia, l’«impronta» di un pesce in profondità

Sette metri di laminiti, cioè calcari laminati chiaro-scuri, sotto la Pesciara: il sottosuolo a un passo dall’ingresso del giacimento di Bolca famoso in tutto il mondo custodisce un tesoro che potrebbe rivelare informazioni a dir poco straordinarie sull’origine geologica del giacimento.

In parole povere è altamente probabile che la pancia della terra custodisca da 50 milioni di anni segreti della natura che diventano conoscibili ora solo grazie agli ultimi ritrovati della tecnica. L’esistenza della Pesciara sotterranea è stata la notizia bomba alla prima delle due giornate dedicate alle ultime ricerche sul giacimento e, parallelamente, alla candidatura della Val d’Alpone (tenendo Bolca al centro) a sito Unesco.

Ieri al Museo civico di Storia Naturale di Verona è stata raccontata tutta la storia di questa scoperta: tutto è cominciato tra 2012 e 2013 quando la Pesciara è stata interessata da alcune analisi geoelettriche capaci di misurare la resistività del suolo al passaggio di corrente elettrica. «Proprio grazie ai test con due linee geoelettriche posizionate poco a valle dell’ingresso della galleria 12, una lunga 355 metri e capace di “vedere” fino a 70 metri e l’altra lunga 144 metri che si è spinta fino ad una profondità di 50 metri, abbiamo avuto conferma dell’ipotesi che sotto la Pesciara vi siano importanti sequenze sedimentarie», ha detto Rita Deiana (Università di Padova) spiegando la tecnica utilizzata. Il passo successivo era ottenere la conferma attraverso una campagna di carotaggi: grazie a un finanziamento regionale (la legge 7 del 2006 su «Interventi per la valorizzazione del patrimonio culturale di Bolca»), Comune di Verona, Museo civico di Storia naturale, Parco regionale della Lessinia e la famiglia Cerato hanno proceduto. Se n’è occupato Guido Roghi (del Cnr di Padova) che ieri ha sintetizzato ciò che è stato scoperto prelevando «carote» di 12 centimetri di diametro per una quarantina di metri di profondità. Di utile c’è il materiale contenuto in 30 metri (dove risultano visibili scaglie di pesce, gasteropodi bivalvi, frammenti vegetali e ambra), «soprattutto uno spessore di 7 metri di laminiti! Uno spessore mai trovato e mai conosciuto», ha detto Roghi, ricordando che carotaggi precedenti erano scesi al massimo a 17 metri. «Sette metri di laminiti (che si trovano tra i 17 e i 24 metri del micropozzo, ndr) rappresentano una ricchezza inestimabile dal punto di vista paleontologico perché rivela livelli nuovi mai esplorati e, in profondità, elementi del primo vulcanesimo esplosivo».

Sotto il suolo ad un passo della Pesciara, insomma, c’è un vero e proprio tesoro e la conferma è arrivata anche dalle analisi chimiche. Da queste basi gli studiosi hanno ricavato una tesi che ora deve essere posta all’esame del mondo scientifico: secondo la loro ricostruzione, la Pesciara sarebbe sprofondata a seguito di un’esplosione vulcanica e sarebbe stata inglobata tra le rocce vulcaniche che ancora oggi la custodiscono.

Ce n’è abbastanza per rinnovare l’appello del mondo scientifico a riprendere le campagne di scavo alla Pesciara (ferme dal 2011), «l’unico scavo europeo in galleria e l’unico modo», ha sottolineato Roberto Zorzin (geologo, conservatore al Museo scaligero e coordinatore del convegno), «per conciliare lo scavo con la conservazione della superficie». Basta dire che tra 1999 e 2011 sono stati catalogati 4.159 reperti (15 dei quali nuovi per la scienza) e a oggi risultano classificati 20 ordini, 93 famiglie, 197 generi e 226 specie senza contare i numerosissimi reperti tutti da studiare che «ingolfano» i magazzini del museo cittadino.

Paola Dalli Cani

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