<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Pellegrino della conoscenza
è un ciclista d’avventura

Giancarlo De Robertis in bici nella città tunisina di Tozeur
Giancarlo De Robertis in bici nella città tunisina di Tozeur
Giancarlo De Robertis in bici nella città tunisina di Tozeur
Giancarlo De Robertis in bici nella città tunisina di Tozeur

Da 17 anni trascorre le vacanze in sella alla sua mountain bike attraversando deserti, città imperiali e percorrendo le antiche strade dei pellegrini, per raggiungere vette, luoghi della fede e della memoria. Tornato a casa, mette nero su bianco le sue esperienze, fatte in solitudine. E i resoconti diventano racconti sorprendenti e documentari tra arte, storia, fede e scienza.

L'ultimo libretto scritto e presentato a Caldiero, paese dove risiede, si intitola In sella ai neutrini. È l'esperienza che Giancarlo De Robertis ha fatto percorrendo in bici la via Francigena, dal Cern di Ginevra al Gran Sasso, lungo il percorso del fascio di neutrini.

De Robertis ha iniziato quasi per scommessa nel 2000, andando a Parigi in 1.200 chilometri, e non si è più fermato girando da Nord a Sud e verso Est. «Sulle due ruote si può uscire dalla quotidianità e andare lontano alla ricerca di panorami, paesaggi, misteri, avventure, libertà, luoghi lontani e di qualcosa che non si conosce e che potrebbe cambiare la vita», racconta De Robertis, insegnante e preside in pensione. «Il mio non è cicloturismo vacanziero, che prevede pochi chilometri al giorno, strade pianeggianti, andature lente, visita a qualche monumento e poi camera d’albergo», continua, «e nemmeno ciclismo amatoriale o competitivo, con tappe di centinaia di chilometri a velocità sostenuta. È un ciclismo d’avventura. Scelgo mete come una città, una cima, un fiume, un deserto, un luogo della storia, per le quali valga la pena partire e fare sacrifici per conquistarle». La bicicletta ideale? «La mountain bike, perché è robusta, con ruote che possono affrontare terreni accidentati», spiega De Robertis. «Le borse sul portapacchi, devono portare tutto quello che serve per viaggiare in autonomia: dalla tenda agli attrezzi per le riparazioni e per affrontare situazioni difficili».

Banditi navigatori satellitari o tecnologie che annullino il piacere dell’avventura. E poi niente tabelle di marcia, né prenotazioni, orari da rispettare e alberghi a quattro stelle, integratori o bevande per andare più forte. «I chilometri da percorrere sono tanti, la velocità non conta e neanche il tempo, ma per arrivare lontano, bisogna rimanere in sella dall’alba al tramonto. Si pedala sotto il sole cocente o la pioggia battente, con il caldo o con il freddo su strade trafficate, dissestate o comode, sempre con il casco in testa. La compagnia non è indispensabile: preferisco partire da solo».

Di notte dorme in tenda nei campeggi, ma anche in alberghi a poche stelle. «Ho riposato sulle panchine delle stazioni in attesa dell’alba per ripartire», confessa. «Pedalando con spirito da pellegrino, si raggiungono luoghi unici e si vivono avventure d’altri tempi», conclude.

Ogni sua avventura è diventata un racconto da condividere con amici e familiari, poche pagine senza pretese che non vanno in libreria, ma nelle case di conoscenti appassionati di avventure o che hanno un sogno nel cassetto.

De Robestis ha iniziato con Avventure in mountain bike e in successione A caval de l’Adese, Un’estate in salita, Fuori dal mondo, Dall’Adige al Danubio, Dal Don a Nikolajewka: un cimitero lungo 200 chilometri, Due ruote nel Sahara, La signoria vostra, Ascesa al Mont Ventoux. E infine, appena presentato, In sella ai neutrini.

Zeno Martini

Suggerimenti