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Montanaro racconta Sankara e l’emancipazione dell’Africa

Silvestro Montanaro
Silvestro Montanaro
Silvestro Montanaro
Silvestro Montanaro

Torna nel Veronese per parlare di Africa Silvestro Montanaro, 64 anni, giornalista d’inchiesta che ha lavorato per la carta stampata ed è stato nel gruppo fondante di Samarcanda, la trasmissione di Michele Santoro e in seguito su altri programmi dello stesso conduttore, arrivando nel 1999 a essere autore di C’era una volta, in onda su Rai Tre fino al 2013. Il tema dell’incontro che si svolgerà al teatro Peroni, in piazza del Popolo 23, a ingresso libero, venerdì alle 20.45, è organizzato dalla parrocchia di Marcellise e dall’Unità pastorale di San Martino Buon Albergo, ed è argomento di attualità per il fenomeno migratorio che ha radici lontane, riconducibili alle politiche occidentali di colonialismo prima e di sfruttamento delle materie prime nei decenni successivi. Ma non è destino dell’Africa essere così e l’esperienza di Thomas Sankara sta a dimostrarlo, come racconterà Montanaro illustrando la vita e il pensiero dello statista, presidente del Burkina Faso, ucciso in un colpo di stato nell’87 per le sue idee sull’emancipazione del continente nero grazie ad autentiche politiche di sviluppo. Sankara, di cui lo scorso ottobre si sono contati i 30 anni dalla morte, era alla guida di uno dei paesi più poveri al mondo, ma in soli quattro anni di presidenza, dal 1983 al 1987, costruì scuole, ospedali e ferrovie, realizzò campagne di vaccinazione, piantò alberi per fermare la desertificazione, distribuì la terra ai contadini, ridusse la spesa pubblica e la corruzione, vietò l’infibulazione e la poligamia, sostituì le auto blu ministeriali con più semplici Renault 5. Da presidente rinunciò ai benefici personali e alla sua morte aveva un conto in banca di 150 dollari, una chitarra e la casa di proprietà della famiglia. Pensava che la politica avesse senso solo se mirava alla felicità dei popoli e la sua rivoluzione pacifica, morale e culturale trasformò in pochi anni una delle nazioni più povere del mondo in un esempio per il continente, assicurando ai connazionali due pasti e 10 litri d’acqua a testa al giorno: differenza tra sopravvivere e morire. Fece diventare risorsa il cotone, l’unica coltivazione del paese, mettendo in piedi un’industria tessile, unico esempio di trasformazione di materia prima in Africa, e rifiutando la logica degli aiuti riuscì a rendere il suo paese esportatore di eccedenze alimentari, cosa che potrebbero fare tanti altri paesi africani. Ma la sua battaglia contro il debito che strangolava il paese gli attirò l’ostilità delle grandi potenze (Usa e Francia soprattutto) che appoggiarono il colpo di stato in cui morì a 38 anni. Montanaro ne studiò la figura e ne tratteggiò gli ideali nel documentario «Sankara… e quel giorno uccisero la felicità», trasmesso cinque anni fa dalla Rai e all’incontro presenterà, anche con l’aiuto di spezzoni di interviste video a parenti, collaboratori e avversari, il politico e il rivoluzionario, aprendo finestre illuminanti su Africa ed emigrazione. Nella sua ricerca scoprì che c’è stata una sistematica cancellazione di questa figura anche dalla storia: è sparito perfino il suo discorso all’Onu, di cui Montanaro ha recuperato l’audio grazie alla registrazione di un giornalista presente all’assemblea: «Di lui si sono cancellati la vita e perfino il ricordo, perché è troppo scomodo accettare che la politica abbia senso solo come servizio e che i risultati si misurino con la felicità della gente». «Slogan come “Aiutiamoli a casa loro” parlando di emigrazione, non affrontano i problemi seriamente», osserva Montanaro, «perché non ascoltano il grido di chi davvero vorrebbe vivere a casa propria. La speranza è farsi carico dell’ingiustizia perché è infinitamente più grande ciò che ci unisce di quello che ci divide e la felicità non è un progetto per l’aldilà». •

V.Z.

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