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Il delitto di Albaredo

«Mirela e Larisa,
il loro ricordo
è ancora vivo»

Il delitto di Albaredo
Oana Maria Filip con la sua piccola Amalia di tre mesi DIENNE FOTO
Oana Maria Filip con la sua piccola Amalia di tre mesi DIENNE FOTO
Oana Maria Filip con la sua piccola Amalia di tre mesi DIENNE FOTO
Oana Maria Filip con la sua piccola Amalia di tre mesi DIENNE FOTO

Il corpicino di Larisa Elena Mihailescu non è mai stato ritrovato. Il suo viso dolce e sorridente di bambina, le sue braccia che tante volte si erano strette attorno alla madre Mirela e alla sorella Oana sono rimaste sepolte chissà dove, forse trasportate dall’Adige fino al mare.

Sono trascorsi tre anni dal tragico 13 febbraio 2016, vigilia di San Valentino. Quel giorno, Andrei Filip, bracciante agricolo rumeno, al culmine di una lite familiare, ha ucciso e fatto a pezzi la madre Mirela Balan, 40 anni, e la sorellina di soli 11 anni, Larisa Elena. Ha rinchiuso i resti in tre borse e le ha gettate dal ponte sull’Adige. Il fiume ha restituito il corpo della madre ma non ha mai fatto emergere la valigia dove l’omicida aveva nascosto le spoglie della bambina. L’unica sopravvissuta di quella sciagura è stata Oana Maria Filip, 25 anni, sorella maggiore di Andrei. La giovane ha portato in Romania solo la salma della madre e l’ha seppellita nel suo paese, Ghindaoani, piccolo Comune a poca distanza dal confine con la Moldavia. L’angioletto dai lunghi capelli castani, così entusiasta della vita e complice della sorella maggiore, purtroppo non è mai uscito dall’acqua scura che l’ha inghiottito quella piovosa notte del 2016. «Anche se emergesse una borsa adesso, non si potrebbe più risalire con certezza a Larisa», riflette Oana, che sembra avere una spiegazione per il mancato ritrovamento della bambina. «Mia sorella era arrivata in Italia da un anno e mezzo ed era molto felice; continuava e ripeterci che non sarebbe più tornata in Romania. Sembra strano a dirsi ma questo suo desiderio è stato in qualche modo esaudito, anche se in maniera drammatica e imprevista», sospira. Lo scorso 2 novembre, Oana ha avuto una bambina dal fidanzato Shaban Rokay. Si chiama Amalia. Finalmente un raggio di sole in un periodo nero, tremendo. La venticinquenne desidera voltare pagina, anche per Amalia. «Non c’è più nulla in questo paese per me, dovunque mi volti ritrovo il grande dolore che ho provato tre anni fa, sto meditando di trasferirmi altrove, forse a San Bonifacio». Oana stringe al petto la neonata che proprio ieri ha compiuto 3 mesi e pensa a un futuro diverso, via da Albaredo. Sul ciglio del ponte, laddove la ragazza ha trascorso giornate intere a pregare e a seguire il lavoro incessante dei sommozzatori e dei carabinieri, andato avanti per mesi, è stato allestito un piccolo memoriale per Mirela e Larisa. Una mano pietosa ha collocato la statua di una Madonna e gli ex compagni di scuola della bimba rumena portano ancora oggi fiori e candele. «Ogni tanto vado sul ponte a pregare e ad accendere una candela», rivela Oana. «Mi fa molto piacere vedere che il ricordo di mia madre e di mia sorella sia ancora vivo. Ringrazio anche le maestre di Larisa che hanno piantato un albero nel giardino della scuola in sua memoria. L’albero è vivo e rigoglioso ed è bello guardarlo e pensare alla sua vitalità». Larisa sarebbe stata una zia giovanissima per Amalia. «Mi avrebbe aiutato con la piccola», sorride Oana. «Era affettuosa e giocherellona con i più piccoli, avrebbe coccolato e fatto sorridere la sua nipotina, ne sono sicura», dice. Amalia è stata una luce in un tunnel di tristezza e sofferenza. Tuttavia gli impegni gravosi della neo mamma e la paura di non farcela l’hanno messa a dura prova. «Mi sentivo impreparata, non sapevo come comportarmi con la piccola, avevo il timore di sbagliare», racconta, «avrei voluto avere mia madre vicino per darmi dei consigli e sollevarmi nelle faccende domestiche». Fortunatamente la mamma del compagno si è trasferita per due settimane a vivere con la coppia e ha dato loro una mano. «Quando sarà abbastanza grande per capire, racconterò ad Amalia tutto della sua nonna, di quanto era coraggiosa, simpatica e generosa», dice, trattenendo a stento le lacrime. Parlare di Mirela apre una ferita che sanguina ancora e gli occhi di Oana si gonfiano ma si trattiene per non intristire quella creaturina che riposa tranquilla tra le sue braccia. «Qui ad Albaredo la gente mi saluta, mi chiede come sto, se parlo con mio fratello, se l’ho perdonato. Mi fanno tutti le stesse domande», si sfoga la giovane. «Lo so che non lo fanno per cattiveria, però tornare sempre con la mente a quei fatti mi pesa molto», confessa. Con suo fratello ha parlato raramente al telefono. «Spesso è il papà a chiamarlo e ad andarlo a trovare in carcere a Vicenza: dice che lo vede bene, non è dimagrito. Sa che ho avuto una figlia e mi ha chiesto di vederla, magari ci penserò quando sarà un po’ più grande». Intanto la giovane sogna di andare via da Albaredo, alla ricerca di un po’ di serenità. •

Paola Bosaro

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