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Maxi truffa a industriali
ma in 13 non denunciano

Sono stati i carabinieri di San Bonifacio a sgominare la gang finita dal gup Ferraro in udienza preliminareIl pm Elvira Vitulli ha condotto le indagini sulla maxi truffa
Sono stati i carabinieri di San Bonifacio a sgominare la gang finita dal gup Ferraro in udienza preliminareIl pm Elvira Vitulli ha condotto le indagini sulla maxi truffa
Sono stati i carabinieri di San Bonifacio a sgominare la gang finita dal gup Ferraro in udienza preliminareIl pm Elvira Vitulli ha condotto le indagini sulla maxi truffa
Sono stati i carabinieri di San Bonifacio a sgominare la gang finita dal gup Ferraro in udienza preliminareIl pm Elvira Vitulli ha condotto le indagini sulla maxi truffa

La gang si faceva consegnare la merce dalle aziende con l’incarico di portarla a destinazione a clienti con sede all’estero. In realtà, la stoccavano in due magazzini nella nostra provincia e la rivendevano a prezzi stracciati. Un «trucchetto», durato alcuni mesi che ha portato gli imputati, a parere dell’accusa, ad incassare poco più di 900mila euro dagli imprenditori vittime della truffa riportate nella richiesta di processo del pm Elvira Vitulli.

I carabinieri della stazione di San Bonifacio, però, parlano di 3 milioni di euro nella loro informativa risalente a cinque anni fa che corrispondono al sequestro della merce avvenuta nelle varie fasi delle indagini. Anche le vittime non sono poche: ben 34 imprenditori di cui, però, solo in 21 hanno presentato denuncia ai carabinieri da diverse città italiane. Ma c’è di più: in occasione dell’avvio dell’udienza preliminare davanti al gup Raffaele Ferraro nessuno si è costituito parte civile anche se c’è tempo fino all’avvio del processo per farlo. E perchè 13 imprenditori non hanno presentato la denuncia? C’è chi si è appellato alla «lieve entità» del danno perchè vittime di poche decine di euro. E gli altri? La paura nei confronti di imputati certo non «sprovveduti» (vedi articolo a fianco)? È difficile rispondere perchè ogni caso fa storia a sè.

Resta, però, l’inchiesta a carico dei tredici imputati, di cui undici sono accusati di associazione a delinquere (non di stampo mafioso) finalizzata alla truffa, commesse tra il 2010 e il 2011 fra Villafranca, San Bonifacio e Bonaldo di Zimella.

LA SEDE FANTASMA. Tutta la truffa, a parere dei carabinieri, ruotava attorno all’Europa trans srl con sede in via Carisio a Verona e un’altra operativa a in via Rezzola a Sommacampagna. Il legale rappresentante della società risulta essere Mattia Tacchi, 33 anni.

Il veronese è diventato titolare della società dopo alcuni passaggi di proprietà che hanno visto coinvolti gli altri imputati Rita Mariani, 61, risultata essere poi la titolare del conto corrente rimasto in uso all’Europa trans anche dopo la sua vendita e Federico Turrini, 40 anni. In realtà, hanno scoperto i carabinieri, la sede di via Carisio a Verona è la residenza anagrafica di Mattia Tacchi. L’Europa Trans srl non risulterebbe essere proprietaria di alcun mezzo pesante.

LA TRUFFA.Gli imputati, scrivono i carabinieri, avevano messo a punto un sistema per ritardare il più possibile il rintraccio della merce. In pratica, attraverso un portale ad hoc, si facevano incaricare dalle ditte con sede tra Parma, Padova, Reggio Emilia, Modena, Brescia e altre città, a trasportare merce di tutti i tipi tra i quali alluminio, passata di pomodoro, frigoriferi, forni, cucine. lavelli e sacchetti di carta solo per fare qualche esempio.

La destinazione, però, era sempre all’estero tra Germania, Inghilterra, Danimarca e Polonia. In realtà, il materiale veniva prima prelevato dal fornitore e poi stoccato in due magazzini tra Bonaldo di Zimella in piazza Bonaldo di proprietà dell’imputato Francesco Frontera , 41 anni e a Villafranca in via Lussemburgo il cui titolare della ditta Enigma era Giorgio Zamperiolo, altro imprenditore finito nell’inchiesta.

Poi, riporta il capo d’imputazione, i 900mila euro di merce rubata dai vari fornitori «veniva immessa nel mercato a prezzi concorrenziali così procurandosi un ingiusto profitto pari al valore dei beni».

Giampaolo Chavan

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