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«Ma quest’acqua si può
usare in agricoltura?»

Il dottor Giovanni Beghini
Il dottor Giovanni Beghini
Il dottor Giovanni Beghini
Il dottor Giovanni Beghini

I Pfas sono diventati materia di studio all’istituto superiore Stefani-Bentegodi, sede di Caldiero. Un centinaio di studenti delle classi terze ha incontrato il dottor Giovanni Beghini, dell’associazione Medici per l'ambiente. La lezione ha dato il via al progetto didattico sull'acqua come bene comune che fino al 22 marzo, Giornata mondiale dell'acqua, interesserà tutte le classi. Non si poteva non iniziare dall’inquinamento. «Siamo di fronte a un disastro ambientale dalle proporzioni paragonabili a quanto è accaduto a Seveso e a ciò che è successo a Taranto dall'Ilva», ha detto il dottor Beghini. «All’inizio le istituzioni, lo stesso Istituto superiore di Sanità, hanno cercato di far passare sotto silenzio l’inquinamento, ma poi la notizia è esplosa e non poteva essere diversamente». L’Enea ha condotto una ricerca scientifica sugli effetti dei Pfas, mettendo a confronto le malattie della popolazione residente nell’area inquinata, con quelle di popolazioni che risiedono in zone non soggette a inquinamento da Pfas. I risultati sono stati a dir poco allarmanti. «Nella popolazione residente in paesi inquinati da Pfas, c'è un aumento di malattie endocrine, di tumori anche rari (come quello ai testicoli e ai reni), di malattie ai feti e ai neonati, un maggior numero di aborti spontanei, un aumento del colesterolo, delle malattie che colpiscono le ghiandole (tiroide), di leucemie e di infarti».

«Ma quest'acqua è potabile e si può usare in agricoltura?», hanno chiesto gli studenti. «I Pfas dall'acqua passano nei cibi», ha sentenziato il medico, «così come passano nei prodotti agricoli coltivati in questa zona e che arrivano sulle nostre tavole». Il dottore ha illustrato ai ragazzi gli effetti della cosidetta interferenza endocrina. «Non serve una grande quantità di Pfas per sviluppare queste malattie nel sistema endocrino», ha illustrato Beghini, «basta una minima quantità, la quale non consente che si sviluppino le adeguate difese immunitarie nell'individuo». Dunque come intervenire? «Innanzitutto da due anni, l'azienda colpevole di aver prodotto i Pfas non ne produce più», ha sottolineato il medico. «La Procura della Repubblica ne ha chiesto la chiusura». L'Istituto superiore di Sanità ha posto come limite 1.030 nanogrammi al litro di concentrazione di Pfas per considerare l'acqua potabile. Anche se in Germania, per un caso analogo, il limite che era stato posto a 100 nanogrammi litro e negli Stati Uniti, sempre per un inquinamento di vaste proporzioni da Pfas, era stata fissata la soglia limite di 400 nanogrammi litro. Diapositive alla mano, Beghini ha dimostrato gli effetti positivi dei filtri a scambio ionico posti in essere da tre anni a questa parte lungo le falde inquinate, filtri che stanno portando a dei risultati concreti. Ad esempio nel territorio di Cologna, dove nel 2013 erano state resgistrate concentrazioni di 632 nanogrammi per litro d'acqua, nel 2016 la contaminazione si è abbassata a 490 nanogrammi litro. Dai prelievi d'acqua fatti nel territorio di Arcole nel 2013 si erano rilevate concentrazioni di 445 nanogrammi per litro, che lo scorso anno si sono abbassati a 345. Infine nel territorio di Zimella, dove nel 2013 erano state rilevate concentrazioni di 298–300 nanogrammi per litro, nel 2016 si è passati a 184. «Non dovete arrendervi», ha raccomandato ai ragazzi Beghini, «Si può fare molto per migliorare l'ambiente. È vero che la vostra generazione starà peggio di quella precedente e questo accade nella storia per la prima volta, ma bisogna lottare perché è possibile migliorare la situazione dell'inquinamento di acqua, suolo ed aria. Ecco perchè è importante fare lezione a scuola su queste tematiche».

Zeno Martini

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