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Lettera autografa
del «poeta savatin»
dall’America

Margherita Albarello con la lettera del bisnonno
Margherita Albarello con la lettera del bisnonno
Margherita Albarello con la lettera del bisnonno
Margherita Albarello con la lettera del bisnonno

Cinque dollari, «che per me sono stati un vero solievo con questi così critici momenti che stante la tarda età non posso più lavorare»: così Oreste Baldoni, il «poeta savatin», scriveva il 13 aprile 1937 alla figlia Margherita, da 14 anni emigrata «nelle Americhe». È un documento preziosissimo quello che Margherita Albarello, pronipote di Oreste e nipote della nonna della quale ha il nome, ha portato con sé da Chicago in occasione del suo ennesimo ritorno «a casa», a Terrossa. È la terra delle origini, quella che aveva accolto dal 1874 il bisnonno Oreste, nato nel 1858 a San Bonifacio.

Oreste Baldoni, o meglio Oreste «Gioabo» come lo avevano soprannominato fino a quando, disvelate le doti con la penna, non diventò per tutti «el poeta savatin». Perché con questo campava Oreste, quarta elementare, abilità da calzolaio ereditata dal papà e un amore sconfinato per le lettere e l’arte tradotto in decine e decine di poesie e «satrie» (satire).

A Terrossa lo conoscevano tutti ma la memoria del «savatin», morto nel 1947, s’è andata spegnendosi col passare degli anni e di chi lo aveva conosciuto. Oltre oceano, invece, là dove era emigrata sua figlia Margherita nel 1923, di lui i familiari hanno fatto qualcosa di simile a un culto: di mezzo c’è l’amore per la terra delle origini ma pure il vanto, perché avere un poeta nell’albero genealogico non è esattamente da tutti. Così l’epopea di Oreste è stata trasmessa da sua figlia Margherita ai figli Peter, Rina e Bruno Venanzio. Quest’ultimo, nato nel 1928, l’ha trasferita poi (assieme al nome della mamma) alla figlia Margherita, nata nel 1957, brillante avvocatessa a Park Ridge, in Illinois. È stata lei, in viaggio in Italia per festeggiare l’anniversario di matrimonio, a portare ai parenti di Terrossa quel foglio sottilissimo scritto a mano dal bisnonno Oreste quasi 80 anni fa. È Lei la depositaria del «sacrario» del poeta «savatin»: possiede lei la raccolta manoscritta delle poesie di Baldoni (recuperata a Terrossa dai suoi genitori nel 1977), lei ha le foto e le lettere che suo padre Bruno Venanzio recuperò e mise da parte come un tesoro. «Papà è morto nel 1999 e ha passato a me il compito di tenere viva la memoria di Oreste e, soprattutto, il legame con la terra di origine della famiglia», spiega Margherita.

A Terrossa arrivò la prima volta nel 1982, tornò due anni dopo e poi nel 1994. «Ho scelto l’Italia per il mio secondo viaggio di nozze, e non potevo non tornare a Terrossa», dice. Tra le mani quella lettera che è una reliquia: c’è dentro lo struggimento di un anziano padre per la figlia, la gratitudine, le intenzioni di preghiera ma pure una notizia in linea coi tempi. «Il signor Mussolini, cioè il Duce nostro», scrive Baldoni, «per pagare i debiti della guerra d’ Africa ha imposto una tassa forzata: 200 lire per campo».

A tenere vivo il legame sono le lettere tra padre e figlia e lui freme: «Mi raccomando di non tardare troppo a lungo la tua risposta, scrivi magari poco ma scrivi presto». Si congeda con i baci per tutti e ai nipoti manda pure un compito: «Vi raccomando, fate polito, ubbidite la mamma, amatela, rispettatela, rendetela felice».

Commuovono queste righe perché raccontano la parte più dolce del poeta irriverente capace di burlarsi di un paese mettendone in rima vizi e virtù. «Poeta spontaneo, facile, popolare, arguto, pieno di brio, di spirito, che scrive come il cor gli detta dentro»: un personaggio, insomma, a cui L’Arena, l’8 maggio 1938, dedicò queste parole per l’80° compleanno.

Paola Dalli Cani

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