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Le «tose» la sapevano
più lunghe delle spose

Le poesie del «savatin» sui banchi del mercato: finivano anche lì le rime di Oreste Baldoni che confidava così di mettere insieme qualche spicciolo. Accadde pure, e quella volta Badoni mandò in spedizione al mercato di Roncà le due figlie, con Per le campane rote de Roncà, il componimento che scrisse il 7 aprile 1907. Povere campane, «se i sona da morte le fa tiche tache.../ da vivo se i sona xe istesse le pache!/ In giorno di sagra per dare dileto/ ste do carampane le intona un dueto». Nemmeno in questa occasione l’orgoglio delle frazioni nei confronti del capoluogo mette la sordina, e Baldoni, terrossano di adozione, evidenzia che «Roncà, veramente, el ga bone gabane,/ che solo in tri quatro i faria e campane.../ avanti i ga el spegio in te la frazion/ lativa Terossa co lalto Brenton». Quando per caso si ritrova ad ascoltare le confidenze che si scambiano due ragazze del paese su argomenti che farebbero arrossire, o meglio sulle «segrete cose», Oreste non perde l’occasione per raccontare di queste «do bele tose» che «le ghin savea de piì che de do spose./ Truchi, pecati, amori e cose bele.../ tuto g inteso da ste poretose./ Ridendo me dolea fin le buele».

COL TEMPO «el savatin», al quale spesso si faceva riferimento come «al zavatin», alla vicentina, si guadagnò comunque una certa autorevolezza quanto ad arguzia e disinvoltura con lo scrivere (in primis dal parroco don Elia Spagnolo): la poesia che scrisse in occasione dell’ingresso del nuovo sacerdote, cioè don Augusto Concato, venne stampata su manifesti con i quali vennero tappezzati i muri di Terrossa. Era il 19 marzo 1934. P.D.C.

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