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La terra dei Pfas chiede il sequestro della ditta Miteni

L’azienda Miteni di Trissino, nel Vicentino
L’azienda Miteni di Trissino, nel Vicentino
L’azienda Miteni di Trissino, nel Vicentino
L’azienda Miteni di Trissino, nel Vicentino

Una seconda richiesta formale di sequestro penale della Miteni, l’industria chimica di Trissino, Vicenza, che viene da più parti considerata come la fonte principale della contaminazione da Pfas, verrà presentata dall’associazione ambientalista La terra dei Pfas. Ad annunciarlo è il legale che segue il sodalizio, l’avvocato padovano Giorgio Destro, che, peraltro, non nasconde le sue perplessità in merito al fatto che sinora l’autorità giudiziaria berica, che sta portando avanti le indagini sull’inquinamento in seguito all’unificazione dei procedimenti che erano stati aperti anche a Verona e Padova, non abbia preso provvedimenti nei confronti dell’azienda trissinese. «CHE MITENI sia una fonte di contaminazione è stato accertato dall’Arpav e sottolineato anche dalla commissione parlamentare d’inchiesta sui Pfas, e, d’altro canto, è ormai pacifico che queste sostanze sono nocive alla salute, per cui ritengo che la Procura, che è l’unica realtà in grado di ordinare un sequestro immediatamente esecutivo, abbia tutti gli elementi per procedere», afferma l’avvocato Destro. Il quale, poi, non manca di ricordare che l’associazione La terra dei Pfas già nel gennaio del 2017 aveva depositato un esposto con formale richiesta di sequestro dell’azienda vicentina. «Tale iniziativa non ha sortito nessun effetto, e nessuno si è degnato di risponderci, eppure la dichiarazione dello stato di emergenza decretata dal Consiglio dei ministri e le risultanze delle ricerche in corso stanno dimostrando che l’esposto conteneva molte verità», commenta il legale. «Confidiamo che la nuova richiesta sortisca un effetto diverso», conclude. Intanto ieri è stato il giorno dei commenti in seguito alla notizia della decisione dell’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni di sancire che la contaminazione delle acque e dell’ambiente in atto in un ampio territorio posto a cavallo fra le province di Verona, Vicenza e Padova costituisce un’emergenza e, conseguentemente, dovrà essere affrontata usando figure, risorse e poteri straordinari. Ovvero, con un’azione di tipo commissariale. IL DECRETO RELATIVO allo stato di emergenza, d’altro canto, segna un balzo in avanti per quanto riguarda la vicenda-Pfas. «Il nostro auspicio è che il commissario straordinario che verrà nominato prosegua l’ottimo lavoro fatto dal direttore di Arpav Nicola Dell’Acqua, che ha coordinato il tavolo di lavoro senza nessun potere straordinario», afferma Legambiente Veneto. Sottolineando che è fondamentale che ora, oltre ad accelerare lo spostamento delle prese dell’acquedotto, vengano dati tempi certi anche per la bonifica della falda, che rischia di passare in secondo piano. «Dopo diversi anni di sottovalutazione, ora si prende finalmente atto della gravità della situazione», commenta invece Giuseppe Ungherese, il responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. «Questo cambio di rotta è finalizzato alla realizzazione di costosi nuovi acquedotti, che sono necessari per garantire acqua sicura ai cittadini, ma, se il Commissario non interverrà subito sulle fonti inquinanti, spingendo anche la Regione a completarne il censimento, è sin troppo facile prevedere che molti altri soldi pubblici dovranno essere spesi in futuro per fronteggiare l’emergenza», aggiunge Ungherese. Il tema-commissariamento sarà inevitabilmente al centro dei discorsi anche in un convegno che si svolgerà domani, con inizio alle 9, a Legnago, in sala civica. Un incontro di approfondimento organizzato da Isde Medici per l’ambiente Verona, in collaborazione con l’amministrazione comunale, nel quale l’inquinamento verrà approfondito sia dal punto di vista sanitario che legale ed operativo, con interventi di rappresentanti dell’Ulss 9 Scaligera, di Acque Veronesi, dell’Istituto superiore di Sanità e del mondo della medicina e della ricerca. •

Luca Fiorin

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