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La resistenza dei negozi di vicinato

Il centro storico di San Martino Buon Albergo FOTO PECORA
Il centro storico di San Martino Buon Albergo FOTO PECORA
Il centro storico di San Martino Buon Albergo FOTO PECORA
Il centro storico di San Martino Buon Albergo FOTO PECORA

Riduzione delle tasse per gli esercizi commerciali, politiche di tutela dei piccoli negozi, progetti turistici per incrementare il flusso di persone nei centri storici. Sono diverse le ricette individuate dalle amministrazioni dei Comuni dell’Est veronese per mantenere vivi i negozi di vicinato e, quindi, i centri storici. Facendo i conti anche con la concorrenza di centri commerciali che rischiavano di fare tabula rasa delle piccole attività presenti nel raggio di pochi chilometri. E invece no. Invece non è successo nemmeno a San Martino Buon Albergo, paese che ospita un polo con oltre settanta negozi, le Corti Venete. «Certo, di ripercussioni ce ne sono state», ammette il sindaco Franco De Santi, che sottolinea però come negli ultimi tempi qualcosa si sia risvegliato: «Si sono insediate diverse attività, molte di nicchia che hanno saputo quindi differenziarsi, altre ne stanno arrivando e contribuiranno a rivitalizzare il centro anche alla sera: la vita di relazione e comunicazione è importante e noi vediamo che c’è fermento, ad esempio dall’aumento degli abbonamenti del teatro». «L’AMMINISTRAZIONE per aiutare i commercianti», aggiunge De Santi, «da quest’anno ha applicato una riduzione del 30 per cento della Tari per le attività sotto i 150 metri quadri: crediamo sia una misura che può dare respiro a questi imprenditori». Altrove è il turismo ad aver fatto dei miracoli. «C’è stata una fase negativa, vissuta anche da molti altri Comuni, causata dalla proliferazione dei centri commerciali ma anche dalla mancanza, in alcuni casi, di ricambio generazionale», racconta il sindaco di Soave Gaetano Tebaldi. «Poi una decina di anni fa il nostro centro ha cambiato indirizzo e abbiamo registrato l’apertura di nuove attività, diverse però da quelle tradizionale». Attività che meglio si adattavano a quella vocazione turistica che Soave sempre più stava assumendo: «Bar, enoteche, osterie», elenca il sindaco, «b&b, che oggi offrono 340 posti letto: esercizi commerciali al servizio del turista, insomma. Anche l’arredo urbano è stato modificato con l’obiettivo di rendere il centro più accogliente. Con la preziosa collaborazione delle associazioni sono stati poi organizzati numerosi eventi, spettacoli, appuntamenti sportivi, sempre con lo scopo di richiamare gente da fuori il paese». Merito di un territorio, un paesaggio e un castello che hanno aiutato molto queste politiche. «PERÒ», puntualizza Tebaldi, «Soave queste caratteristiche le possedeva anche vent’anni fa, ma non c’era questo sviluppo: segno che si è lavorato nella direzione giusta, sfruttando il potenziale». Tanto che il paese viene visto come modello di condivisione del centro storico anche da alcuni commercianti della vicina San Bonifacio che, nei mesi scorsi, avevano attaccato il sindaco Gianpaolo Provoli per alcune sue scelte urbanistiche, come quella di rendere pedonale il centrale corso Venezia durante i fine settimana. «In quel periodo», ricorda Provoli, «aveva chiuso anche un bar, l’Interno7, e un negozio: entrambi sono stati riaperti con una nuova gestione. Mi sembra che realtà simili alla nostra vivano una situazione ben più drammatica, mentre nel nostro comune assistiamo anche a nuove aperture». Uno sforzo lo sta facendo pure l’amministrazione, che ha da poco concluso un percorso per farsi riconoscere dalla Regione come distretto del commercio, «uno strumento che ci porterà a individuare dei modelli che si adattino alle esigenze degli imprenditori, in grado di mantenere alta la qualità e la quantità dell’offerta commerciale in centro». ANCHE ILLASI, come ha fatto Soave un paio di decenni fa, ha deciso di puntare sul turismo per ravvivare l’economia del paese. «L’obiettivo», spiega il sindaco Paolo Tertulli, «è sviluppare l’enoturismo valorizzando due nostre eccellenze, il vino e l’olio. Il nostro è davvero un territorio splendido, ma va “inventato” come destinazione turistica. Se comunicato e promosso in modo sistematico, con operatori professionalizzati, può richiamare un turismo internazionale: con questo obiettivo è nato nelle scorse settimane il progetto “Illasi da inventare”» al quale partecipano anche Camera di commercio, l’Accademia di Agricoltura, scienze e lettere e il Consorzio di tutela del Valpolicella. «Se arrivano visitatori dall’esterno», prosegue Tertulli, «avranno benefici anche i negozi di vicinato». A Zevio l’amministrazione aveva adottato già anni fa una politica di tutela a salvaguardia delle piccole realtà commerciali. E oggi se ne vedono i frutti. «Non abbiamo centri commerciali vicini, chi li vuole deve andare fino a San Giovanni Lupatoto o a San Martino», commenta il sindaco Diego Ruzza, «e questa è stata la nostra fortuna. Il tessuto commerciale tiene, c’è un ricambio fisiologico legato al fattore merceologico, ma vedo una certa stabilità grazie anche ai residenti che, per comodità ma anche per fiducia, hanno imparato a rifornirsi in paese». E aggiunge, numeri alla mano: «Nell’ultimo anno le richieste di apertura hanno superato quelle di cessione attività». L’ANDAMENTO del numero di attività commerciali è sempre quello da anni, anche a Belfiore. «Di recente ha aperto un bar, c’erano due tabaccherie e una ha chiuso, tre filiali di banche e una ha deciso di abbassare le serrande», elenca il sindaco, Alessio Albertini, «però i servizi essenziali per i residenti e soprattutto per i pensionati ci sono tutti. Chi cerca di più va a San Bonifacio o a Verona, visto che siamo ben collegati. Sarebbe auspicabile che qualche locale tenesse aperto la sera, per rendere vivo il paese ma mi rendo conto delle difficoltà. L’amministrazione, per aiutare i commercianti, ha organizzato delle iniziative come la recente festa di San Patrizio: ma il bacino non è ampio, Belfiore è un paese di poco più di 3mila abitanti». •

Francesca Lorandi

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