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La ferrata Carlo Campalani chiude per manutenzione

Il tracciato della ferrata Carlo Campalani sul Carega
Il tracciato della ferrata Carlo Campalani sul Carega
Il tracciato della ferrata Carlo Campalani sul Carega
Il tracciato della ferrata Carlo Campalani sul Carega

Compie sessant’anni la ferrata «Carlo Campalani», sullo sperone sudest di Cima Carega, un’età che pesa anche su pioli e corde d'acciaio, soprattutto se viene chiesto di essere conformi alle più severe normative in materia di sicurezza. Per questa ragione il Gruppo alpino operaio (Gao) di Verona, che l’ha ideata e conservata come prima via attrezzata del Carega, si è impegnato a rinnovarla completamente richiedendo un contributo economico alla Provincia autonoma di Trento, che ha risposto finanziando con oltre 18mila euro il 95 per cento della spesa ammissibile. Da domani la ferrata non sarà più praticabile perché cominceranno i lavori di manutenzione straordinaria previsti per un’intera settimana, condizioni meteo permettendo, ma da completare comunque entro il 31 dicembre. Per martedì è atteso l’arrivo dell’elicottero, che trasporterà in quota il materiale necessario: il primo lavoro sarà lo smontaggio dell’esistente e si inizierà poi il rimontaggio completo della via attrezzata, seguendo l’attuale percorso ma con materiale del tutto nuovo e rispettoso delle ultime normative europee in materia. Il progetto, presentato dal Gao a firma del geometra Francesco Cemin, è stato approvato dall’ingegnere Claudio Fabbro, mentre Marisa Maserati ha seguito tutte le procedure burocratiche, entrambi della Provincia autonoma di Trento. Si incaricano della realizzazione Tullio Simoni e l’ingegnere Luca Biasi della Società alpinisti tridentini. «In pratica oltre a rinnovare tutto il materiale, verranno adottate le nuove impostazioni in materia di ferrate richieste dalle attuali normative, e cioè un chiodo di fissaggio alla roccia ogni 2,5 metri anziché ogni 5-6 metri e corda tesa anziché lasca com’è attualmente», spiega Simoni. Andrea Dalla Valle, presidente del Gao, per mesi ha lavorato sul progetto per preparare tutta la documentazione richiesta per l’approvazione: «Siamo arrivati a una tappa importante», dice, «a una sistemazione che ci porterà a godere ancora per lunghi anni di una realizzazione del nostro sodalizio e di cui siamo orgogliosi. L'iniziativa è partita anche per avviare nei giovani lo stimolo a riappropriarsi della montagna, a rivalutarla per la bellezza e il rispetto che chiede a chi la frequenta. Facciamo volentieri questo sforzo con il sostegno di tanti, perché crediamo nella montagna e nel diritto di frequentarla in sicurezza». L’idea di una via ferrata era partita nel 1956 da un gruppo di amici del Gao: Bepi Bonazzi, Antonio Conterno, Claudio Nereo e il figlio Ruggero, Renato Nicolis, Vittorio Marangoni, Sandra Righetti e Fernanda Testi, che avevano voluto realizzare fra le montagne di casa qualcosa di duraturo che soddisfacesse la loro passione per l’alpinismo e desse lustro all’associazione. Fu scontato dedicare l’opera a Carlo Campalani, classe 1928, morto nel 1955, giovane segretario del Gao e alpinista appassionato, stroncato dalla malattia. Quando fu individuato come ideale il percorso lungo l'anticima sudest del Carega, che divide il vallone della Teleferica da quello di Campobrun, i gaoini di allora, aiutati da mogli e fidanzate, si adoperarono tutti i fine settimana per concretizzare l’opera, tenendo come base operativa il rifugio Scalorbi. Da lì partivano con tutta l’attrezzatura e ogni giorno era un chiodo in più, una staffa, un primo tratto di corda metallica. Allora non si usavano né generatori di corrente né elicotteri e tutto veniva eseguito manualmente: dai fori nella roccia, al trasporto del cemento, agli ancoraggi in ferro. Il lavoro durò un anno, ma portò alla realizzazione della prima via ferrata delle Piccole Dolomiti: oltre 150 metri di sviluppo che attrassero l’immediato interesse di un gran numero di escursionisti, affascinati dalla possibilità di affrontare in sicurezza un percorso alpinistico, che se è arrivato indenne fino ad oggi lo si deve in gran parte all’attenta manutenzione eseguita in questi anni da Silvano Brescianini. •

Vittorio Zambaldo

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