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L’anguana social
che reinsegna
la storia del paese

L’anguana (cioè fata dell’acqua) Joanna Basalta Inlaronia
L’anguana (cioè fata dell’acqua) Joanna Basalta Inlaronia
L’anguana (cioè fata dell’acqua) Joanna Basalta Inlaronia
L’anguana (cioè fata dell’acqua) Joanna Basalta Inlaronia

Faccia a faccia con l’anguana: si chiama Joanna Basalta Inlaronia e da quattro mesi ricorda agli ilarionesi il loro passato e le loro tradizioni. È un’anguana, cioè una fata dell’acqua «con le mani vestite di castagne, tacchi a a spillo di basalto, il torrente Alpone come abito e la vegetazione come chioma». Lei, che esiste su Facebook e si è materializzata con una serie di bacheche approntate in vari angoli del paese, si è descritta così, in rima e in dialetto locale, forma espressiva che ha scelto per i suoi divulgativi post.

«Derivo dal e acque carsiche de le grote un poco magiche, ma i basalti colonari i vien dal fogo primordiale!», dice spiegando la prima parte del suo cognome. Nome e rimanenza del «cognome» sono evidenti richiami a San Giovanni Ilarione. Per Facebook è nata il 31 dicembre 1910 sul versante della Belloca «dove il sole non tocca» e costruisce i suoi interventi social grazie al consiglio delle anguane: «Custodèmo tradission, sconossùe anca al pì grosso libron!».

Per mesi è «esistita» solo sul social, arrivando a creare una comunità che conta centinaia di persone: lì ha rispolverato vecchie storie, luoghi e tradizioni, dalla scuola di un tempo al poeta contadino Cirillo Tonin, dall’antica sagra delle Boarie alla filanda, dal mercato ai capitelli fino alla chiesa di San Zeno. E lì, nella splendida terrazza sulla valle che è l’antica chiesetta a Castello, si è fatta vedere: l’abbiamo incontrata il giorno in cui ha posizionato l’ennesima bacheca che in rima e in dialetto omaggia questo pezzo di storia del paese. Carta ingiallita, «canne di bambù raccolte proprio nelle mie valli», un fiore o un rametto di edera e il gioco è fatto: di installazioni simili ne ha seminate parecchie in paese, trasformandolo in una specie di museo-mostra fotografica diffusa e sorprendendo gli ilarionesi.

«TUTTO È NATO dall’attualità», spiega l’anguana Joanna, «dal leone piazzato nella nuova rotonda del Mangano ai progetti di fusione. All’inizio (ai tempi di «fatti non foste per fondervi con Roncà ma per mantenere tradizioni e identità», ndr) è stato come se si volesse marcare la differenza, difendere l’unicità e l’identità di questo paese. Poi, ci siamo fatti prendere la mano e abbiamo scoperto come Facebook possa essere un mezzo straordinario per fare divulgazione, per raccontare ciò che è custodito dai libri che solo in pochi leggono, e anche per far crescere pure la mia conoscenza».

Joanna Basalta Inlaronia ammette di essere una delle anguane più giovani, «so tanto ma so anche poco, no digo gnente ma gnanca taso», ragion per cui viene aiutata da una decina di persone: chi è molto pratico del dialetto, chi della storia, chi ha vissuto e le cose le ricorda e così via inanellando competenze varie che poi consentono a Joanna di materializzarsi sui social. Per un post servono spesso settimane di ricerche: prima si sceglie il tema, poi si elabora il testo, quindi lo si traduce e solo alla fine si schiaccia il tasto invio.

«La cosa più bella è la relazione che si è creata: io lancio un tema, spesso parto dall’attualità, e lo lego a qualcosa del passato: con il tempo le risposte ai post sono state farcite di vecchie e rare foto, aneddoti, racconti che non fanno altro che accrescere le storie e che spesso mettono in contatto i giovani che usano i social con gli anziani che hanno invece il tesoro della memoria storica», spiega l’anguana. Che a un certo punto ha deciso di rendersi visibile e lo ha fatto con le sue istallazioni: «È stato un o- maggio alla democrazia, perché volevo rendere partecipe anche chi i social non sa nemmeno cosa sono».

La risposta del paese c’è stata eccome, compiacimento e incoraggiamento anche perché le bacheche dell’anguana sono anche piuttosto belle. Lei, l’anguana sfuggente, concede solo uno scatto: poi via, la notte la attende.

Paola Dalli Cani

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