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L’ad della Miteni: «È colpa
dei nostri predecessori»

L’amministratore delegato di Miteni, l’azienda di Trissino (Vicenza) imputata principale per l’inquinamento da Pfas, era stato sentito pochi giorni fa dalla commissione d’inchiesta parlamentare, in trasferta a Vicenza, che sta indagando sull’«affaire Pfas».

Antonio Nardone, che aveva accolto la delegazione presieduta dal deputato Alessandro Bratti (Pd) nello stabilimento di Trissino, ha ribadito che «la proprietà e gestione attuali non erano a conoscenza delle analisi messe in risalto dai carabinieri del Noe di Treviso, commissionati della precedente proprietà e mai portata conoscenza di quella attuale, sottolineando peraltro che l’azienda ha realizzato nel 2013 campionamenti dei terreni con risultati del tutto diversi da quelli in possesso del Noe».

Nardone ha consegnato documenti che «dimostrano come all’inizio degli anni Novanta, l’allora proprietà Mitsubishi avesse provveduto a una profonda bonifica dell’area rimuovendo oltre 300 tonnellate di terreno. Pertanto l’area interna allo stabilimento è stata consegnata bonificata dai rifiuti già vent’anni fa alle proprietà successive».

«La situazione rispetto ai lavori svolti precedentemente dalla commissione», ha aggiunto Nardone, «è cambiata anche per una sentenza chiarissima del tribunale Superiore delle acque pubbliche che ha indicato nell’intervento sulle decine di scarichi degli utilizzatori di Pfas la soluzione per affrontare il problema, mentre fino ad oggi ci si è concentrati solo su Miteni che in questa sentenza non è nemmeno citata. Nelle prossime settimane si conosceranno i dati su questi scarichi e dopo le doverose verifiche sono certo che lo scenario attuale e storico sulle cause dell’inquinamento avrà connotati completamente diversi».

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