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Il Papa di Maffeo
invita a portarci
l’altro sulle spalle

Papa Francesco come l’ha rappresentato Maffeo d’Arcole
Papa Francesco come l’ha rappresentato Maffeo d’Arcole
Papa Francesco come l’ha rappresentato Maffeo d’Arcole
Papa Francesco come l’ha rappresentato Maffeo d’Arcole

Papa Francesco è entrato ieri nella chiesa parrocchiale di San Giorgio in Arcole. Non c’è, ovviamente, entrato di persona, ma in un’opera d’arte: l’ultima installazione dell’artista Maffeo d’Arcole, posta a fianco dell’altare e dall’ambone.

Com’è nello stile dell’artista, anche stavolta l’opera di Maffeo Burati - in arte d’Arcole - è provocatoria da un lato e fa riflettere dall’altro. Innanzitutto è stata posta in chiesa, davanti al presbiterio, in occasione della prima «Giornata mondiale dei poveri», che si celebra oggi in tutte le comunità cristiane del mondo. Giornata mondiale dei poveri che è stata voluta ed istituita, quest’anno, proprio dal pontefice il quale ha lanciato un messaggio legato a questa iniziativa: «Non amiamo solo a parole, ma con i fatti». Un monito etico che Maffeo ha fatto suo, prendendo a prestito un papa Bergoglio con il sorriso e le braccia aperte, nell’atto di accogliere, ma che è attaccato ad una croce, come Cristo, e come lui fatto oggetto di scherno e di dileggio da parte degli uomini.

Una croce che tuttavia, nell’asse orizzontale, diventa una duplice freccia, una sorta di cartello stradale bidirezionale: il mondo di papa Francesco può andare a destra o a sinistra, ma soprattutto può andare avanti o tornare indietro. Può seguire la sua strada, quella indicata da Cristo e dal successore di Pietro, o quella dettata dall’egoismo e dalla paura dell’altro.

Proprio dopo l’annuncio dato dal papa due giorni fa, sull’inutilità dell’accanimento terapeutico, papa Bergoglio sta ad indicare oggi in questa «Giornata dei poveri», l’atteggiamento etico che dovrebbero avere la comunità mondiale, la Comunità Europea, che deve avere la Chiesa, che dobbiamo avere noi tutti, che è quello dell’accoglienza e dell’apertura.

«Dell’accoglienza dell’altro, del diverso, dell’immigrato, del disperato, del povero in senso lato», spiega la sua opera Maffeo d’Arcole, «diversi, poveri, rifugiati, spaventati e violati: sono questi coloro che ho rappresentato e raffigurato nella veste del pontefice».

Una veste che non è più bianca, ma che si colora di tante tinte diverse, dei colori dei volti di tanti bambini, ragazzi, giovani, adulti, donne. «Sono i volti dei giovani africani che fuggono dai loro Paesi martoriati», sottolinea Maffeo Burati, «i volti dei bambini trovati semicongelati negli anfratti di un treno. I volti dell’innocenza negata dalla violenza dell’Isis, con i bambini soldato. I volti dei ninos de rua delle favelas e dei sobborghi di migliaia di Paesi poveri. I volti delle donne violentate e violate nella loro integrità fisica e psichica. I volti che non vedremo mai, di bambini, giovani, uomini e donne sepolti dalle acque del Mediterraneo».

Sono quelle persone, quei poveri, a cui papa Francesco chiede di dare accoglienza, per i quali aprire le proprie braccia, come l’ha raffigurato Maffeo. Un’opera che si collega inevitabilmente ad altre sue creazioni: il muro con i barconi degli immigrati e la Porta sul Mondo, che Maffeo d’Arcole ha realizzato lo scorso anno per la parrocchia di Arcole, in occasione del Giubileo della Misericordia. Una sorta di itinerario spirituale ed etico che il nuovo Maffeo d’Arcole realizza volendo sì denunciare ma anche indurre ad riflessione più aperta: questo è l’invito non scritto che l’artista passo passo sta indicando nelle sue installazioni più recenti.

Zeno Martini

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