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Il ministro contro la Regione sul ricorso alla plasmaferesi

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin cassa l’uso della plasmaferesi come mezzo per ridurre la presenza dei Pfas nel sangue delle persone residente nell’area che si trova a fare i conti con la presenza nell’acqua e nell’ambiente delle sostanze perfluoro-alchiliche. Un problema che interessa un’ampia zona, di cui fanno parte a pieno titolo i Comuni di Albaredo, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Cologna, Legnago, Minerbe, Pressana, Roveredo, Terrazzo, Veronella, Zimella. Nell’ambito del question-time di ieri alla Camera dei deputati, il ministro ha risposto ad un’interrogazione che aveva come prima firmataria la parlamentare democratica veronese Alessia Rotta, aprendo così la porta all’ennesimo scontro sul tema Pfas fra Governo e Regione. «Il ministero e l’Istituto superiore di Sanità non sono mai stati formalmente interessati dalla Regione Veneto circa l’utilizzo di questa terapia», ha affermato Lorenzin. «Non risultano al momento evidenze scientifiche né specifiche raccomandazioni in ordine alla possibilità di rimuovere i Pfas, ed i Pfoa, attraverso l’uso della plasmaferesi; anzi, le più recenti linee guida in materia non includono detti contaminanti tra gli agenti che possono essere tolti con tale tecnica», ha poi aggiunto. Arrivando a dire che il ricorso alla plasmaferesi è «fortemente sconsigliato» proprio per situazioni come quella in atto in Veneto. «La Regione, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere a una preventiva sperimentazione, in particolare nei confronti dei bambini e degli adolescenti», ha poi rimarcato la Lorenzin. Affermando di aver chiesto maggiori e più dettagliate informazioni alla Regione. Se la deputata Rotta ha replicato al ministro ribadendo la preoccupazione per la salute dei cittadini, che a questo punto non sanno come possono curarsi, e ha chiesto quali altre iniziative possono essere messe in campo, la Direzione regionale sanità ha invece diffuso una nota che dipinge tutto un altro quadro. «La possibilità di utilizzare la plasmaferesi è stata comunicata preventivamente al ministero della Salute ancora il 4 luglio scorso e fino a oggi esso non ha segnalato alcuna controindicazione, né la necessità di una sperimentazione preventiva», dice la Regione. «La procedura è stata avallata dagli esperti della sanità regionale, con valutazioni scientificamente documentate opposte rispetto a quelle esternate ora dal ministro, nonchè autorizzata dal Comitato etico regionale». Sinora 106 persone, si tratta solo di adulti, con alto tasso di Pfas nel sangue si sono sottoposti al trattamento, e, secondo la Sanità regionale, questo è avvenuto con «ottimi esiti e senza che si sia verificato alcun effetto collaterale». «Sorge spontaneo chiedersi cosa sia cambiato da luglio e, se davvero c’è il pericolo di cui ha parlato il ministro, non ci sia stata data di questo tempestiva comunicazione», dice la Regione. Che attende la documentazione alla base delle dichiarazione della Lorenzin e indicazione su eventuali terapie alternative. Il nuovo botta e risposta fra istituzioni che sulla questione Pfas litigano da tempo, anche se finora a dire il vero mai questo era avvenuto per quanto concerne i risvolti sanitari di questa vicenda, è arrivato giusto nel giorno in cui le «mamme no Pfas» e i «genitori attivi zona rossa» hanno lanciato un appello volto a far sedere, entro il prossimo gennaio, attorno allo stesso tavolo ministero dell’ Ambiente, Cipe, Regione, Veneto Acque e attivisti, al fine di far finalmente chiarezza sui progetti e i fondi relativi alle condotte che dovrebbero portare acqua pulita nell’area inquinata. • LU.FI.

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