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Il «caporale» El Alami pagava 2,5 euro all’ora

L’inchiesta della Finanza scopre un giro di sfruttamento del lavoro nella nostra provincia
L’inchiesta della Finanza scopre un giro di sfruttamento del lavoro nella nostra provincia
L’inchiesta della Finanza scopre un giro di sfruttamento del lavoro nella nostra provincia
L’inchiesta della Finanza scopre un giro di sfruttamento del lavoro nella nostra provincia

Ahmed El Alami ai domiciliari da aprile nella sua casa di San Bonifacio, pagava i dipendenti della cooperativa anche 2,50 euro all’ora. È quanto emerso dai documenti sequestrati dalla Guardia di finanza di Soave durante una perquisizione avvenuta il 13 marzo scorso. È uno dei tanti dettagli che aprono uno squarcio sul fenomeno del caporalato nell’est veronese. L’ordinanza del gip Raffaele Ferraro ricostruisce in cinque pagine la condotta del marocchino, finito nei guai proprio per aver sfruttato almeno cinque migranti assunti in nero nella sua cooperativa Agritalia con sede in via Alpone 15 a Monteforte. Quell’indirizzo, in realtà, non corrisponde alla sede di alcuna società ma all’allora residenza di El Alami, ora «detenuto» nella casa del fratello a San Bonifacio. «La cooperativa», riporta l’ordinanza, «risulta avviata l’otto febbraio 2017, esercita l’attività di supporto alla produzione animale e risultano assunti 130 dipendenti». In quella perquisizione, sono emersi i documenti relativi anche ai rapporti tra la cooperativa di El Alami e altre società agricole , «Del Bidente» e «Ambi.Eco srl» non coinvolte nelle indagini della procura, oltre alla documentazione bancaria attestante bonifici effettuati in favore dei dipendenti legate alle ore lavorate. E da questa documentazione è emerso lo sfruttamento del lavoro, operato da El Alami ai danni dei suoi dipendenti che non sono mai stati pagati. Eppure sono stati proprio alcuni dipendenti della cooperativa agricola Agritalia a rivolgersi ai finanzieri al comando di Soave l’undici gennaio scorso. E sono così emersi altri episodi di sfruttamento da parte di chi ha subito le vessazioni del caporale a due passi dalle nostre case. Gli operai erano stati assunti un paio di mesi prima senza firmare un contratto ma con la promessa che presto avrebbero fatto parte della cooperativa, riporta l’ordinanza. Li sarebbe spettato il lavoro di facchinaggio e pulizia in alcuni capannoni, situati nel comune di Codigoro nel Ferrarese, in aziende impegnate nella produzione di uova. Era stato pattuito anche un compenso di sette euro, in realtà, mai corrisposto ad alcun operaio, fanno sapere gli investigatori. I dipendenti avevano poi riferito di lavorare sette giorni su sette per quattordici ore al giorno senza alcuna pausa, compresi i trasferimenti da Soave alla provincia di Ferrara. La giornata di lavoro iniziava alle undici quando i denuncianti venivano prelevati al centro commerciale Soave center di San Bonifacio con un automezzo guidato da un loro connazionale. Arrivavano così nel ferrarese verso le una e mezza e iniziavano il turno di lavoro che durava fino alle 22 senza alcuna interruzione, hanno raccontato. Alla fine, c’erano altre due ore di viaggio per tornare nelle loro case tra Soave a dintorni. Come se non bastasse, gli investigatori della Finanza hanno raccolto testimonianze anche di chi aveva fatto un doppio turno di lavoro, iniziando alle 14 e finendo alle sei del mattino del giorno dopo. «Tutti precisavano di essere costretti a lavorare non avendo altre fonti di reddito», riporta l’ordinanza e i soldi, poi mai arrivati, sarebbero serviti per mantenere le loro famiglie rimaste in Marocco. Una vera e propria situazione di sfruttamento di migranti, quindi, si è venuta a creare per tre mesi tra l’est veronese e il Ferrarese con la privazione di qualsivoglia diritto a chi ha poi fatto denuncia ai finanzieri di Soave. «E ciò è stato fatto non per sopravvenute difficoltà economiche del datore di lavoro», scrive ancora il gip nella sua ordinanza, «ma per preordinato intento di sfruttamento al massimo grado dei lavoratori con utilizzazione delle loro energie lavorative senza alcun esborso economico». Anche l’assenza di un contratto di lavoro rappresenta per il gip Ferraro un altro sintomo della volontà «di sfruttamento del lavoro altrui». •

Giampaolo Chavan

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