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I comitati: «Con le piogge
calerà la capacità dei filtri»

Acqua, ancora allarme Pfas
Acqua, ancora allarme Pfas
Acqua, ancora allarme Pfas
Acqua, ancora allarme Pfas

L’inquinamento da Pfas peggiorerà con le piogge, perché l’aumento dei filtri che hanno permesso di ridurre la presenza delle sostanze perfluoro-alchiliche al di sotto dello zero tecnico negli acquedotti è stato favorito dalla siccità. Questo è l’allarme che lanciano Mamme no Pfas, Genitori attivi zona rossa e Coordinamento acque libere dai Pfas, in seguito a incontro che hanno avuto con Nicola Dell’Acqua, il direttore generale dell’ Arpav e coordinatore della commissione regionale Salute ed Ambiente.

«La funzionalità dei filtri, efficaci solo per una parte dei Pfas, ovvero Pfos e Pfoa, dipende fondamentalmente dalla loro quantità ma anche dalla qualità dell’acqua in ingresso, per la quale il trend del livello di contaminazione, a causa delle scarse precipitazioni, è in calo», spiegano gli attivisti. «In caso di piogge ci si aspetta un aumento della contaminazione, per cui non è il caso di fare trionfalismo, ma è necessario rassegnarci a convivere con questa situazione di emergenza per lungo tempo».

Chiedendo di aver notizie più precise in merito agli aggravi di spesa per i cittadini per i filtri, gli attivisti non nascondono la loro perplessità in merito al piano di caratterizzazione in corso nell’area in cui c’è l’azienda chimica Miteni di Trissino, che secondo Arpav è la causa principale dell’ inquinamento.

«Alla domanda su quando finiranno i controlli per definire la dimensione del fulcro della contaminazione, la risposta di Dell’Acqua è stata un disarmante non lo so», dicono i no-Pfas, «la caratterizzazione è invece urgente, visto che allo stato attuale, dopo 4 anni, è stato sondato solo il 10 per cento del terreno». Chiedendo che prima di avviare le opere volte a portare acque pulite venga fatto il piano di sicurezza degli acquedotti, genitori e ambientalisti spiegano anche che, dall’ audizione davanti alla commissione Ecomafie dell’ amministratore delegato di Miteni Antonio Nardone, emerge che sotto la fabbrica potrebbe esserci ancora molto materiale velenoso. «In audizione Miteni afferma che si sono presi un paio di mesi per fare il punto della situazione, ma noi osserviamo che in 60 giorni, secondo le dichiarazioni di Nardone, potrebbero essere rilasciati 1200 miliardi di nanogrammi di Pfas», dicono. Per i comitati dall’analisi di documenti e dichiarazioni sorge il dubbio che la ditta fosse preoccupata per la contaminazione prima che questa, nel 2013, venisse ufficialmente scoperta.LU.FI.

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