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Flop del servizio profughi in Comune

È stata un’esperienza fallimentare quella che l’amministrazione comunale arcolese ha provato negli ultimi quattro mesi, tra settembre e la fine di dicembre, impiegando gli otto richiedenti asilo accolti in paese lo scorso anno, per lavori a favore della comunità, da svolgere su base volontaria. La convenzione, scaduta lo scorso 31 dicembre, tra il Comune di Arcole e la cooperativa Virtus Vecomp, prevedeva l’impiego degli otto africani richiedenti asilo per 20 ore settimanali, da affiancare agli operai esterni dal Comune. L’ente locale ha stipulato la polizza per la copertura assicurativa degli otto immigrati, mentre la cooperativa ha fornito loro le scarpe nuove per andare a lavorare. Dopo un mese e mezzo dall’inizio, uno degli otto si è ritirato e non si è più presentato. Degli altri sette rimasti, la media di ore lavorata al mese in tre mesi e mezzo, è stata di 10-12 ore. Dopo il primo mese, l’impegno è andato calando, fino ad esaurirsi prima delle festività natalizie.

Un ragazzo ha lavorato in dicembre solo due ore. Altri due, in novembre si sono presentati uno 4 e l’altro 3 ore. Un terzo ha raggiunto le otto ore mensili, sia a novembre che ad ottobre. Due però si sono distinti: uno ha lavorato con costanza per 60 ore al mese, ogni mese. Un secondo ha svolto lavori per una media tra le quindici e le venti ore al mese.

«Sinceramente mi aspettavo di più», confessa il sindaco, Alessandro Ceretta, «È giusto che i miei concittadini siano a conoscenza di questo risultato scadente. Valuterò se vale la pena riproporre ancora l’accordo in futuro o se fare una selezione e valorizzare solo chi ha dimostrato maggior impegno».

I lavori che gli otto richiedenti asilo hanno svolto, tra settembre e dicembre scorsi, sono stati: pulizia e riordino dei cimiteri comunali, montaggio e smontaggio delle casette di legno alla fiera nazionale di San Martino e dell’Arcole doc e hanno aiutato a togliere la tensostruttura da piazza Poggi. «Queste otto persone ricevono già soldi pubblici e pertanto non erano pagati per questo tipo di servizi», evidenzia il sindaco, «ma la cosa non può funzionare se la normativa non imporrà obbligatoriamente di lavorare a favore della comunità dove si è inseriti, pena togliere il beneficio del contributo pubblico, perché su base volontaria, come abbiamo visto e provato, è una formula sbagliata, che non funziona. A mio avviso è stata persa un’occasione importante per gli otto africani di integrarsi nella comunità dove sono stati accolti», dice rammaricato il primo cittadino, «e farsi apprezzare dalla popolazione residente, come invece altri richiedenti asilo hanno fatto in altri paesi del veronese».

«Ritengo poco corretto poi, nel rispetto di tanti volontari che si danno da fare per il paese e la comunità», fa notare Ceretta, «aver dato loro ulteriori soldi pubblici o incentivi per convincerli a venire in maniera più assidua, visto che già vengono sfamati e ricevono un contributo dallo stato. Se avessi fatto leva su altri contributi economici comunali, magari sarei riuscito a farli venire di più, ma lo avrei ritenuto diseducativo». «Sinceramente farò un’attenta valutazione se riproporre l'accordo e con chi stipularlo eventualmente», conclude il sindaco. Z.M.

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