<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Elia, palloncini bianchi verso il cielo

Don Paolo Pasetto rivolto a mamma Claudia e papà ThomasI compagni di squadra di Elia stretti nel dolore FOTOSERVIZIO PECORA
Don Paolo Pasetto rivolto a mamma Claudia e papà ThomasI compagni di squadra di Elia stretti nel dolore FOTOSERVIZIO PECORA
Don Paolo Pasetto rivolto a mamma Claudia e papà ThomasI compagni di squadra di Elia stretti nel dolore FOTOSERVIZIO PECORA
Don Paolo Pasetto rivolto a mamma Claudia e papà ThomasI compagni di squadra di Elia stretti nel dolore FOTOSERVIZIO PECORA

«Tutte le volte che Elia ha detto di non essere tristi, ha vissuto la parola di Dio. Certo, c’è la fatica di questo saluto, ma noi non siamo qui a celebrare la morte bensì una nuova vita. Per farlo cercheremo coraggio ovunque», ha detto don Paolo Pasetto incrociando gli occhi umidi di mamma Claudio, papà Thomas, del fratello Mattia, piccoli e grandi, «ma continueremo a giocare con lui e a rilanciare la sua energia. Al sabato di solito c’era la partita e anche oggi siamo a chiamati a giocarne con Elia una particolarissima. Ci incontriamo qui con lui e vogliamo che sia un momento di gioia, di testimonianza dell’amore che è più grande della morte». Un inno alla vita nel momento del dolore per il distacco: è stato questo, in una chiesa di San Pietro di Lavagno stracolma, con gli amici seduti per terra, l’addio a Elia Rizzotti, l’undicenne strappato alla sua famiglia e ai suoi amici da un virus che gli ha intaccato il cuore. Quel cuore che il piccolo Lilly, così lo chiamavano il papà, la mamma e Mattia, metteva in tutto quello che faceva. All’uscita, poi, il piccolo feretro è stato accolto da inni intonati dai tifosi del Verona mentre i compagni di squadra e di classe di Elia liberavano nel cielo palloncini bianchi, molti a forma di cuore. La tensione si è poi sciolta in un applauso e in un coro inneggiante a Elia, mentre, tra i singhiozzi di molti, hanno spiccato il volo due palloncini speciali: uno giallo e uno blu, legati insieme, come la passione che univa Elia alla vita. LA PICCOLA BARA bianca era coperta di fiori gialli e blu sfumati di viola, colori intensi, la stessa vitalità del piccolo calciatore. Ad accoglierla c’erano diversi sacerdoti. Tra loro, appunto, don Pasetto, parroco di Marcellise, che ben conosce i nonni materni e la mamma di Elia, originaria proprio della frazione di San Martino Buon Albergo. È stato lui a presiedere la celebrazione affiancato, tra gli altri, da don Luca Tosi, parroco del paese, e da don Agostino Martinelli che aveva impartito al piccolo il battesimo prima del suo trasferimento in Val d’Illasi, dove ora è parroco di Colognola. È STATO TOCCANTE l’addio a Elia, fin dal suo ingresso in chiesa sulle note della canzone Come tu mi vuoi, interpretata dal coro dei giovani, che ha esordito con un attacco che ha fatto accapponare la pelle: «Eccomi Signore, vengo a te mio Dio, che si compia in me la tua volontà». Don Paolo, che in questi giorni ha fatto più volte visita alla famiglia, ha tracciato un profilo familiare del piccolo: «Elia non voleva vedere la tristezza sul volto delle persone, neanche nei momenti di fatica. Era lui a richiamare i familiari alla responsabilità della gioia, e anche oggi dice a tutti noi di allontanare la tristezza per rendere, invece, grazie della vita che ha avuto, perché questa è la forza della fede». A ribadire il concetto è stato anche il ritornello del salmo: «Non rimanete tristi, la speranza sia la vostra gioia», come ha fatto notare il sacerdote scendendo dall’altare per l’omelia, dopo la lettura del Vangelo di Matteo in cui Gesù pone davanti ai grandi un bambino, quale modello per entrare nel regno dei Cieli. Don Paolo ha citato un pensiero che il piccolo aveva scritto a papà Thomas: «A me interessa che tu sia dentro il mio cuore». E ha aggiunto: «Elia era un bambino, ma ci incitava a vivere la vita del cuore, il luogo dove più riusciamo a sentirla. Aveva grande attenzione per gli amici più fragili ed era sempre pronto a portarsi nella vita dell’altro. Ora la sua esistenza prosegue in quella di ciascuno di noi, perché non è andato in panchina, ma continua a giocare. La sua mamma in questi giorni mi ha detto che ha avvertito che da dentro Elia la rialzava e questo è un richiamo continuo alla vita». IL CELEBRANTE ha ricordato che la famiglia ha acconsentito all’espianto delle cornee: «È splendido che qualcuno ora riesca a vedere con gli occhi di Elia, ma egli oggi ridà la vista a ciascuno di noi per continuare a guardare la vita con energia. Dobbiamo tenere alto lo sguardo, proprio come nelle partite, attraversando sì il dolore, ma trasformando il modo di vedere il mondo». •

Monica Rama

Suggerimenti