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Centrale sul Fibbio «Il silenzio è determinante»

È stata molto partecipata l’assemblea sulla centrale del Fibbio FOTOAMATO
È stata molto partecipata l’assemblea sulla centrale del Fibbio FOTOAMATO
È stata molto partecipata l’assemblea sulla centrale del Fibbio FOTOAMATO
È stata molto partecipata l’assemblea sulla centrale del Fibbio FOTOAMATO

Pare una strada in discesa quella del progetto di una centrale idroelettrica sul Fibbio chiesta dalla ditta Eredi Campedelli Osvaldo e autorizzata nel giugno dell’anno scorso con decreto della giunta regionale. Lo ha espresso chiaramente Lorenzo Albi, di Legambiente Verona all’ assemblea all’Opificio dei Sensi: ha letto i passaggi principali del verbale della Conferenza di servizi allegato al decreto del direttore della Direzione regionale difesa del suolo del 3 maggio 2017, ultimo atto fondamentale prima dell’ autorizzazione, a cui erano stati invitati ben 15 enti con capofila il Comune di San Martino Buon Albergo, ma si sono presentati solo Arpav e Francesco Campedelli in rappresentanza della ditta proponente il progetto. La Sovrintendenza archeologica, belle arti e paesaggio ha invece mandato un parere nel quale si prescrive la presenza di un archeologo durante i lavori di scavo per la realizzazione della centrale. «In un simile deserto di rappresentanza è normale che le cose sottotraccia procedano spedite», ha denunciato Albi, «anche se l’area è classificata a livello 4, il massimo, per rischio esondazione e non si capisce come sia stato possibile concedere questa autorizzazione. Carenze evidentemente ci sono già a livello di piano, perché se è vero, come si dice, che qui esiste anche un vincolo monumentale, mi chiedo perché nessuno lo abbia fatto valere. L’autorizzazione parla chiaro: la Conferenza di servizi, a cui nessuno dei 15 enti invitati ha fatto pervenire opposizione, “appone il vincolo preordinato all’esproprio sulle aree del Comune di San Martino Buon Albergo interessate dalla realizzazione dell’ impianto”». In precedenza lo storico e ricercatore Marco Pasa aveva illustrato il patrimonio culturale che appartiene al nucleo di Ferrazze e al corso del Fibbio, fiume canale costruito fin dal Medioevo con la duplice finalità di creare il polo industriale di Verona e servire da irrigazione alla campagna, «unico esempio simile in Italia, luogo che non deve essere toccato se non per essere conservato e messo in sicurezza, mentre l’impressione è che il progetto sia nato solo per incassare i contributi governativi sulla produzione di energia», ha detto fra gli applausi del numeroso pubblico che ha riempito la sala dell’Opificio dei Sensi proprio in corrispondenza della giornata che cinque anni fa vedeva la frazione finire sott’acqua. La biologa Cristina Mosconi, che ha lavorato sull’ecologia fluviale per conto della Regione, ha rivelato che proprio durante il monitoraggio un referente regionale si è stupito come il Fibbio rappresentasse un corso d’acqua con un livello ecologico e di biodiversità così elevato, pur essendo inserito in un contesto urbano: «Merito sicuramente del lavoro fatto in passato dal Comitato Fossi di Montorio, ma ora, pretendere di creare un bacino di carico su un corso d’acqua di pianura, si altera sicuramente l’equilibrio del fiume: si parla di economia, ma che economia è se si rischia di perdere un patrimonio ambientale simile?». Claudio Ferrari, presidente del Comitato Fossi di Montorio, ha ricordato che all’alluvione del 2013 seguì una quasi alluvione nel 2016 perché in 30 chilometri di alveo, lo Squaranto riceve l’acqua corrispondente a 100 chilometri da tutti i torrenti che lo alimentano: «Si parla di una centrale con un costo di 900mila euro sui quali i proprietari rientreranno in sette anni, grazie agli incentivi governativi: loro incassano ma i costi dei danni provocati vanno spalmati sul conto economico di tutti. Le colline a monte sono state disboscate per far posto ai vigneti e le condizioni climatiche sono cambiate, con fenomeni più intensi e più frequenti, ma anche dal punto di vista della portata d’acqua siamo da tre anni ben al di sotto della soglia che ha portato all’autorizzazione regionale». •

Vittorio Zambaldo

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