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Casa di riposo, censurato
il silenzio di don Bellamoli

di Paola Dalli Cani

La scelta del parroco di Monteforte di restare a bordo campo nella partita sulla Casa di riposo? Tutt'altro che una scelta neutrale perché non scevra da conseguenze. È così che i rappresentanti dei famigliari degli ospiti e i consiglieri Carlo Bergamasco e Alberto Schiavo (gli unici superstiti di un Cda di dimissionari) commentano la scelta del parroco don Zeno Bellamoli di spiegare, sulle pagine del bollettino parrocchiale, le ragioni del suo non voler prendere alcuna iniziativa relativamente al dissidio in Cda che, di fatto, sta portando la Fondazione Don Mozzatti d'Aprili al commissariamento.

I più arrabbiati sono Giacomo Pelosato, Maurizio Bacco, Claudia Cacciari, Mara Cavazzini e Valerio Gallo, i rappresentanti del Comitato famigliari ospiti, che hanno scritto subito al parroco. «Riteniamo che la sua presa di posizione pubblica e ufficiale quantomeno tardiva e fuorviante», esordiscono, e spiegano di ritenerla «tardiva perché ormai il danno più grave alle due case di riposo, quella di Monteforte e quella di Bolca, è già stato fatto nel periodo 2014-2017, con la presenza determinante nel Consiglio di amministrazione del delegato del parroco (Valerio Cremasco, ndr): tutte le decisioni assunte dal Cda, con una maggioranza determinata dal delegato, hanno portato ad un evidente fallimento dell’attuale gestione della Fondazione».

«I risultati», scrivono i cinque, «sono negativi dal punto di vista economico, organizzativo e umano: il benessere degli ospiti e dei lavoratori appare l’ultimo degli interessi dimostrati da chi è responsabile dell’istituzione».

A loro dire «la Casa di Bolca è stata praticamente screditata presso l’opinione pubblica; il clima creato nelle due strutture non risponde più ai criteri che lei ha enunciato nel suo scritto e la Fondazione stessa sta per essere commissariata».

I rappresentanti dei familiari ricordano di averlo «più volte pregato di intervenire per evitare la situazione attuale, sia incontrandola, sia scrivendole per farle presente i problemi assillanti delle due case. Le abbiamo anche chiesto di appoggiare la nostra richiesta di modificare lo Statuto o comunque di delegare un rappresentante dei familiari degli ospiti che può conoscere bene le problematiche quotidiane degli anziani. Abbiamo interessato anche il Vescovo, ma non abbiamo mai ottenuto risposte».

Ecco perché la lettera si conclude con un giudizio: «Riteniamo fuorviante la sua attuale posizione perché la pretesa neutralità di oggi è chiaramente in conflitto con il comportamento determinante di ieri. Ci auguriamo che anche i suoi parrocchiani si rendano conto dell’incongruenza delle scelte operate».

Più stringato, invece, il commento di Bergamasco e Schiavo i quali, pur rispettando il pensiero del parroco e condividendo l'invito al dialogo, osservano come sia «triste prendere atto che è stato proprio il comportamento del delegato del parroco a impedire a questo dialogo, rafforzando e rendendo possibile il 3 a 2 che ci ha relegato in panchina. Nell'anno e mezzo di mandato del delegato sono state fatte scelte e azioni deleterie per l'ente, azioni che non abbiamo potuto mitigare e che hanno condotto ad un inasprimento sempre più grave, anche se per noi non irreversibile, nei rapporti».

Poi il rammarico: «Nel momento in cui un delegato estraneo ai giochi politici del paese e con la necessaria esperienza avrebbe potuto, o potrebbe scongiurare il commissariamento, la parrocchia decide di non intervenire andando ancora incontro alla volontà degli stessi attori».

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