<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Caporalato e cooperative
arriva la prima condanna

Caporalato nell’Est Veronese: la prima tranche dell’indagine che coinvolge cooperative con sede ad Arcole e relativi amministratori approda davanti al gup di Cesena. Solo Hamid Nasri, 27 anni, ritenuto insieme al fratello Driss uno dei promotori dell’associazione per delinquere che gestiva lavoratori extracomunitari irregolari, ha chiuso con un rito alternativo l’iter giudiziario.

Il gup ha riqualificato il suo ruolo, da promotore a mero partecipe, e al termine del processo il giovane (difesa Simone Bergamini e Carlo Benini) è stato condannato due anni e sei mesi di reclusione (il pm Posa aveva chiesto una condanna a 3 anni e 10 mesi). Rito ordinario invece per Driss e Abdelmalek Nasri che affronteranno il dibattimento che inizierà il 18 dicembre davanti al tribunale di Forlì.

Manodopera straniera, cittadini sfruttati assunti da cooperative amministrate da coloro che, secondo l’indagine condotta dalla Finanza di Cesena, erano a capo dell’associazione che effettuava l’intermediazione illecita e il favoreggiamento della permanenza illegale sul territorio italiano di persone prive di permesso di soggiorno.

Il quadro che emerse in seguito all’indagine partita nel 2016 da un controllo in alcuni appartamenti di Osteria di Piavola, nel Cesenate, svelò una fitta rete di case affittate dai fratelli Driss a lavoratori stranieri, per lo più irregolari sul territorio.

Formalmente le coop People, Service World e Global Service (con sede ad Arcole) risultavano intestatarie dei contratti di appalto di servizi nei confronti di chi richiedeva la manodopera. Non solo, reclutavano e utilizzavano gli stranieri alloggiati in appartamenti intestati, appunto, alle cooperative.

Diversi i ruoli ma comunque stando all’impianto accusatorio i fratelli Nasri, insieme a Youssef Ennassiry e Abdelhai El Mahi, si occupavano di ogni cosa: li radunavano e li portavano al lavoro, fornivano l’alloggio ma la retribuzione era irrisoria, e «palesemente difforme dai contratti collettivi», ovvero 5 euro l’ora e, come recita l’imputazione, «sproporzionata rispetto al lavoro». Gli alloggi erano fatiscenti e le carenze igienico sanitarie completavano il quadro degradante. Il lavoro pagato pochissimo ma i Nasri offrivano l’alloggio facendosi versare 150 euro al mese: da qui il favoreggiamento alla permanenza di stranieri irregolari.F.M.

Suggerimenti